A Damasco verrà aperto un ambulatorio gratuito per i profughi, in fuga dalle zone di guerra, che arrivano numerosi nella capitale. L’iniziativa, promossa tra gli altri dall’Associazione Amici di Dolores Sopegna e dal Patriarcato siro-cattolico, si intitola “Roma canta Damasco”, una tre giorni, dall’11 al 13 dicembre tra Abruzzo e Roma, che culminerà con un concerto e con una solenne celebrazione presieduta nella capitale dal patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssef III Younan. Ce ne parla il dott. Basem Battah, tra i promotori della manifestazione. L’intervista è di Giancarlo La Vella per Radio Vaticana:
R. – Tanta la gente che scappa da posti pericolosi in questo tempo di guerra. Sono persone che hanno perso il lavoro, la casa. Hanno bisogno di aiuto per continuare la vita normale. La salute è la prima necessità. Per questo abbiamo scelto di realizzare un presidio medico gratuito. Abbiamo optato per la città di Damasco perché la gente che arriva qui chiede la pace. Per la maggior parte si tratta di bambini, donne.
D. – La popolazione siriana dopo cinque anni di conflitto come sta vivendo questo momento drammatico?
R. – Il Paese è molto stanco. Sicuramente la vita, dopo cinque anni di guerra, è cambiata: molte famiglie sono scappate dopo gli attacchi del terrorismo e sono venute a Damasco per cercare lavoro, un’altra casa. Dal punto di vista psicologico queste persone sono distrutte. Anche io ad esempio, quando ho fatto il mio master, ho avuto molte difficoltà per recarmi al policlinico, perché ci sono tanti cecchini che sparano sulle persone.
D. – La Siria è un Paese in cui tradizionalmente hanno convissuto sempre realtà anche diverse …
R. – Sì, in Siria noi cristiani viviamo insieme con i musulmani. A Damasco musulmani e cristiani vivono in pace, insieme, come fratelli e sorelle senza problemi. Secondo il mio punto di vista il problema non è in Siria, ma proviene da fuori. I siriani vivono insieme da tanti anni. Ho molti amici musulmani che frequento senza nessun problema.
D. – L’iniziativa verrà promossa anche attraverso una tre giorni con il concerto “Roma canta Damasco”. Quale il significato di questo titolo che avete scelto?
R. – Tutto il mondo sta parlando della guerra. Noi abbiamo scelto una lingua internazionale: la musica, una lingua di pace. “Roma canta Damasco”: perché Roma? Perché Damasco? A Roma c’è San Pietro, a Damasco c’è San Paolo. Il progetto unisce idealmente queste due realtà antichissime, perché se non c’è pace nella terra della pace non ci sarà pace in tutto il mondo. Spero che la guerra finisca il prima possibile e che i siriani possano iniziare a ricostruire il loro Paese tutti insieme, musulmani e cristiani. Speriamo che in futuro la Siria sarà il luogo del dialogo e della pace.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticano.va)
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