“La preghiera del cristiano”; è il tema della catechesi all’udienza generale di questa mattina, la seconda con cui il Papa desidera approfondire che cos’è la preghiera. E la costatazione iniziale di Papa Francesco è che l’atto del pregare “appartiene a tutti: agli uomini di ogni religione, e probabilmente anche a quelli che non ne professano alcuna”. E dice che essa “nasce nel segreto di noi stessi”, nel nostro cuore, parola che racchiude ogni nostra facoltà, emozione, intelligenza e anche il corpo. “È dunque tutto l’uomo che prega – osserva il Papa – se prega il suo “cuore”.
La preghiera è uno slancio, è un’invocazione che va oltre noi stessi: qualcosa che nasce nell’intimo della nostra persona e si protende, perché avverte la nostalgia di un incontro. E dobbiamo sottolineare questo: avverte la nostalgia di un incontro, quella nostalgia che è più di un bisogno, più di una necessità; è una strada, una nostalgia di un incontro. La preghiera è la voce di un “io” che brancola, che procede a tentoni, in cerca di un “Tu”. L’incontro tra l’“io” e il “Tu” non si può fare con le calcolatrici: è un incontro umano e si procede a tentoni, tante volte, per trovare il “Tu” che il mio “io” sta cercando … La preghiera del cristiano nasce invece da una rivelazione: il “Tu” non è rimasto avvolto nel mistero, ma è entrato in relazione con noi.
Il cristianesimo celebra continuamente la “manifestazione” di Dio, afferma ancora Francesco. Dio non rimane nascosto e rivela se stesso come ha fatto attraverso i Magi, nel battesimo sul Giordano, a Cana. E’ Gesù che rivela il Padre e la preghiera è entrare in relazione con un Dio “dal volto tenerissimo”.
Questa è la prima caratteristica della preghiera cristiana. Se gli uomini erano da sempre abituati ad avvicinarsi a Dio un po’ intimiditi, un po’ spaventati da questo mistero affascinante e tremendo, se si erano abituati a venerarlo con un atteggiamento servile, simile a quello di un suddito che non vuole mancare di rispetto al suo signore, i cristiani si rivolgono invece a Lui osando chiamarlo in modo confidente con il nome di “Padre”. Anzi Gesù usa l’altra parola: papà.
Nel cristianesimo, prosegue il Papa, non c’è più posto per parole come “sudditanza”, “schiavitù” o “vassallaggio”. Al loro posto ci sono “alleanza”, “amicizia”, ” promessa”, “comunione”, “vicinanza”. Gesù rivolgendosi ai suoi discepoli aveva detto: “Non vi chiamo più servi, ma vi ho chiamati amici” e qualunque cosa si chiederà al Padre nel suo nome, Egli la concederà. “Ma questa è una banconota in bianco”, commenta Francesco, “facciamo la prova”. E prosegue:
Dio è l’amico, l’alleato, lo sposo. Nella preghiera si può stabilire un rapporto di confidenza con Lui, tant’è vero che nel “Padre nostro” Gesù ci ha insegnato a rivolgergli una serie di domande. A Dio possiamo chiedere tutto, tutto, spiegare tutto, raccontare tutto. Non importa se nella relazione con Dio ci sentiamo in difetto: non siamo bravi amici, non siamo figli riconoscenti, non siamo sposi fedeli. Egli continua a volerci bene.
Dio ci è sempre vicino, sottolinea ancora il Papa, sta alla porta del nostro cuore e aspetta che gli apriamo, a volte bussa, ma lo fa con pazienza, senza forzare, con tanto amore. Quella di Dio “è la pazienza di un papà, di uno che ci ama tanto. Anche, io direi, è la pazienza di un papà e di una mamma, tutto insieme”.
In Gesù, Dio ha continuato a volerci bene fino alla Croce, ricorda il Papa, perché “Dio è alleato fedele”, anche se gli uomini smettono di amare, Lui continua a farlo. Papa Francesco conclude la sua riflessione invitando tutti “a mettersi nella preghiera tra le braccia misericordiose di Dio”.
E a ripetere a Dio, nello stupore della preghiera: possibile che Tu conosci solo amore? Lui non conosce l’odio. Lui è odiato, ma non conosce l’odio. Conosce solo amore. Questo è il Dio al quale preghiamo. Questo è il nucleo incandescente di ogni preghiera cristiana. Il Dio di amore, il nostro Padre che ci aspetta e ci accompagna.
Fonte: Vaticannews.va
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