“La Terza guerra mondiale sarebbe nucleare”. E’ il terribile monito del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Al settimo giorno di conflitto in Ucraina le forze armate di Mosca hanno intensificato gli attacchi alle zone residenziali.
A Kharkiv, seconda città per dimensione del Paese, è stato colpito un complesso abitativo (dopo l’attacco alla sede dell’amministrazione regionale). A Kiev molti quartieri continuano ad essere sotto tiro, dopo che sono stati colpiti la torre della tv, provocando almeno 5 vittime, e il memoriale dell’Olocausto.
Russia: “Conquistata Kherson”. Onu: almeno 136 morti, 13 bambini. Alla Borsa di Londra quasi azzerato il valore dei maggiori gruppi rossi. Intanto il governo ucraino conferma che il secondo round di colloqui si terrà a fine giornata.
Le autorità ucraine hanno reso noto che oltre 2.000 civili sono stati uccisi dall’inizio dell’invasione russa. “Bambini, donne e forze di difesa perdono la vita ogni ora”, si legge in un comunicato diffuso dai servizi di emergenza ucraini e rilanciato dai media internazionali. Nel comunicato si aggiunge che “durante i sette giorni di guerra, la Russia ha distrutto centinaia di snodi di trasporto, edifici residenziali, ospedali e asili”. Mentre i soccorritori hanno spento più di 400 incendi scoppiati dopo i bombardamenti russi in tutto il paese ed hanno disinnescato 416 esplosivi.
Prime prese di distanza tra la base della Chiesa ortodossa russa e il Patriarcato di Mosca guidato da Kirill. “Piantiamo il calvario a cui nostri fratelli e sorelle in Ucraina sono stati immeritatamente sottoposti”, dice un gruppo di 236 sacerdoti e diaconi della Chiesa ortodossa russa, definendo “fratricida” la guerra in Ucraina e chiedendo la riconciliazione e un immediato cessate il fuoco.
La lettera è rilanciata da Vatican News. Il Patriarcato di Mosca è storicamente legato a doppio filo con il Cremlino. Non ci sarebbero tra le firme quelle di metropoliti, le figure più alte in gerarchia. La lettera è aperta ad altre firme.
La città portuale di Mariupol, situata sulla costa settentrionale del mar d’Azov, al centro di un assalto delle forze russe, non ha più acqua mentre 500 mila persone sono rimaste bloccate. L’allarme arriva dal sindaco della città, Vadym Boichenko, come riporta il Guardian. “Le forze di occupazione della Federazione russa hanno fatto di tutto per bloccare l’uscita dei civili dalla città, bloccando mezzo milione di persone”, ha affermato precisando che “non possiamo nemmeno prendere i feriti dalle strade, dalle case e dagli appartamenti oggi, poiché i bombardamenti non si fermano”.
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