Categorie: Italiae et Ecclesia

A piedi da Parma a Torino in pellegrinaggio per San Giovanni Bosco

In occasione del Bicentenario dalla nascita di Don Bosco 150 ragazzi, salesiani ed FMA di Lombardia ed Emilia Romagna, sono partiti a piedi  il 5 agosto 2015 da Parma (dove sorge l’ultima casa voluta da Don Bosco e realizzata dal suo successore don Michele Rua) per raggiungere Torino (Valdocco – la prima vera casa) dove i ragazzi si sono incontrati con altri 5000 giovani provenienti da tutto il mondo, e il Colle don Bosco dove il 16 agosto è stata celebrata la S. Messa per il Bicentenario con il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime.

Io ho avuto il piacere di intervistare Marco Rossi di Gussago (BS), uno dei partecipanti e degli animatori di questa iniziativa:

Caro Marco, tu stai facendo questa esperienza di un pellegrinaggio a piedi da Parma a Torino. Cos’è che ti motiva? Quando hai deciso di intraprendere questa iniziativa?

L’iniziativa mi è stata proposta ancora questo inverno dal catechista della scuola salesiana di Brescia in cui, già da allievo ed ora da ex allievo, collaboro da anni (ad esempio organizzando ritiri spirituali per i ragazzi durante l’anno o per un piccolo sostegno allo studio per ragazzi in difficoltà). Mi è sembrata subito una bella iniziativa e, conoscendo il clima allegro in cui i salesiani propongono queste iniziative e mosso dalla necessità di un’esperienza di fede e di fatica forte, ho immediatamente accettato (pur non sapendo nello specifico quali sarebbero stati i miei compagni di viaggio). La motivazione principale è quella di imitare i discepoli di Emmaus. Questo pellegrinaggio è un occasione per ritrovare Gesù vicino a noi ed alla fine chiedergli di restare con noi. “Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno gia volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. “

Tu sai che don Bosco si muoveva a piedi… anche da bambino faceva chilomtetri ogni giorno da casa a scuola, scalzo, ma con le scarpe legate al collo, per non consumare le suole, le indossava proprio poco prima di entrare in classe. Ti sei ispirato in qualche modo a lui?

L’ispirazione del cammino la traggo più che da don Bosco, dal suo più grande capolavoro: San Domenico Savio. Egli infatti, malgrado la sua giovane età e la sua cattiva salute, percorreva tutti i giorni e per due volte al giorno (mattino e pomeriggio) il tragitto che lo portava a scuola per un totale di più di 20 km al giorno (ovviamente sempre a piedi, sia col caldo che con la neve). Inoltre ho in mente un’immagine di Domenico Savio inginocchiato nella neve, senza scarpe davanti alla porta della Chiesa in attesa che il sagrestano la aprisse per poter incontrare Dio.

Durante il percorso avrai certo incontrato persone che avranno “lasciato il segno”, e avrai vissuto episodi particolari. Ci vuoi raccontare qualcosa?

Mi ha colpito molto una buonanotte fatta da un giovane salesiano. Egli afferma che come con le figurine, ciò che abbiamo è tanto più prezioso quanto minore è la quantità di esso a nostra disposizione. L’anima dunque è la cosa più preziosa che abbiamo e deve interessarci non solo la salvezza della nostra, ma anche quella degli altri. Bisogna quindi salvare le anime per servire Dio e servire Dio per salvare le anime.

Ci spieghi logisticamente come sei sistemato? Dove dormi? dove mangi?…

L’aspetto logistico: per quanto riguarda i pasti, abbiamo con noi un gruppo che si è reso disponibile a raggiungere le destinazioni prima di noi (in automobile) e prepararci qualcosa da mangiare (e soprattutto da bere) tramite una cucina mobile. Per quanto riguarda le notti, ci sistemiamo in oratori (una volta in una palestra di una scuola). La sistemazione è molto spartana (dormiamo in terra nei sacchi a pelo e a volte le docce avvengono all’aperto tramite il tubo dell’acqua fredda) ma ci adattiamo facilmente.

Qual’è la cosa che ti è piaciuta di più di questa esperienza?

Mi è piaciuto molto osservare la reazione persone al nostro passaggio (sia nei momenti di riflessione personale, che in quelli di canti in allegria). C’è chi ci prende per matti, chi ci offre un bicchiere d’acqua, ma anche chi in macchina ci suona in segno di approvazione o al passare del crocifisso che portiamo con noi si fa il segno di croce. Mi ha fatto riflettere molto una signora che al nostro passaggio scatta fotografie ed esclama: “pregate anche per i giovani di questa comunità!”. Il significato per me è che stiamo portando un messaggio di fiducia nei giovani.

E quella che ti è piaciuta di meno?

Cercando qualcosa di negativo, lo trovo nei giorni di incontro a Torino con i ragazzi di tutto il mondo. Le giornate a Torino erano veramente pesanti ed il nostro gruppo era già abbastanza provato dal pellegrinaggio dei giorni precedenti: l’incontro è stato stupendo, ma ci siamo fatti coinvolgere dalla parte spettacolare dell’evento riflettendo sulle tematiche proposte, ma non a fondo. Sono stati più toccanti i giorni del pellegrinaggio piuttosto che quelli di incontro a Torino.

Senti, ma è la prima volta che fai un’impresa così? La rifaresti?

Sì, è la prima volta che faccio un’esperienza come questa e se oggi stesso mi dovessero proporre qualcosa di simile, malgrado sia stato fisicamente molto stancante, accetterei immediatamente. Oltre che un’occasione di preghiera, sono stati giorni di amicizia e di grande divertimento in cui ho avuto l’occasione di conoscere meglio alcuni ragazzi come me e che hanno anche saputo insegnarmi qualcosa. E poi cosa c’è di più bello di andare a dormire la sera felici perché si è stanchi per la giornata trascorsa senza sprecare il tempo che ci è stato donato?

Questo pellegrinaggio ti ha un po’ cambiato? Il Marco Rossi che tornerà a casa in che modo sarà diverso da quello di prima?

Sicuramente questo pellegrinaggio e questo incontro a Valdocco (e poi al colle) mi hanno cambiato. È a mio parere impossibile tornare a casa e vivere come se questa esperienza non sia stata vissuta. A partire dal fatto di avere stretto nuove amicizie che, nonostante la distanza, saranno impossibili da cancellare e dimenticare. Il cambiamento che credo avverrà di più sarà nel modo di guardare gli altri: al giorno d’oggi, molte persone giudicano i giovani affermando che essi pensano solo al divertimento e lo ricercano in droghe,discoteche,…. Prima di questa esperienza anche il mio pensiero era simile e mi sentivo diverso dagli altri (ed anche solo il questa “guerra”); tuttavia vedere quei 5000 giovani a Torino (in 10000 al colle Domenica) mi ha fatto comprendere a fondo che non sono solo in questa battaglia, che anche dietro al ragazzo con l’orecchino o con il tatuaggio, a quello che gioca ai videogames o a quello a cui piace festeggiare e fare tardi la sera, si può trovare una persona buona. Come dice Don Bosco infatti “In ogni giovane c’è un punto accessibile al bene”.

Io credo che tu sia un bellissimo esempio per i giovani. Te la senti di dare loro un consiglio?

Ai giovani d’oggi vorrei dire che la felicità non significa esagerare (ad esempio negli alcolici o nelle droghe), ma essa si trova nell’esatto adempimento dei nostri piccoli impegni quotidiani. La vera felicità si trova nel seguire la nostra vocazione, che non significa diventare prete, ma seguire ciò che Dio ha scelto per noi. Spesso noi giovani crediamo che più siamo liberi di scegliere, più saremo felici; ma la vera felicità sta nel seguire il cammino preparato per noi e nello svolgere al meglio le piccole cose che ci vengono chieste. Bisogna quindi seguire la volontà di Dio per “essere felici nel tempo e nell’eternità” (don Bosco).

E ai giovani che… come dice Papa Francesco, vanno in “pensione” a 20 anni cosa diresti? Hi una parola anche per loro?

Credo ci siano molti ragazzi che “vanno in pensione a 20 anni”, che (come dice il Papa) non sanno Amare, a questi ragazzi vorrei lasciare un pensiero contenuto ne “Il giovane provveduto”, un libro di don bosco. Egli ci dice che un modo con cui il demonio ci ruba l’anima è quello di pensare che servire il Signore significhi vivere una vita triste e che quindi la cosa migliore da fare sia quella di vivere in modo dissoluto la propria giovinezza ed una volta diventati vecchi convertirsi. Tuttavia ciò non è corretto; pensate a S.Filippo Neri, o allo stesso S.Giovanni Bosco, non si può di certo affermare che fossero tristi. Inoltre anche nel Vangelo sta scritto che saranno coloro che si comporteranno come i bambini ad entrare nel regno dei cieli; sarà quindi sicuramente più facile per un giovane imitare un bambino, piuttosto che per una persona anziana.

Di Alessandro Ginotta per PAPABOYS 3.0
(foto Marco Rossi / MGS)

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