Napoli. Uno stuolo di arabi, di musulmani in antiche vesti, arriva in paranza davanti alla grotta dalla Natività. Omaggia il bambino Gesù, riscaldato dal bue e dell’asinello, sorvegliato dalla Madonna e San Giuseppe. Tutt’intorno il paesaggio è fatto di minareti e casbah, cupole islamiche e risvolti d’oriente.
Non è uno scherzo. E nemmeno una provocazione. Il presepe è uno spazio meta-temporale, dove tutto è possibile. E una raffigurazione del genere assume contorni ancora più significativi ai giorni d’oggi, ai tempi dell’Isis, nel mondo del dialogo mancato e delle proposte di togliere i presepi dalle scuole per non offendere chi crede nell’Islam.
Siamo a San Gregorio Armeno, cuore pulsante della Napoli natalizia. E’ lì, a metà della via, che si staglia il «presepe musulmano» della bottega Tirri e Capuano. Non ci sono case napoletane rappresentante, né templi pagani su uno «scoglio» di sughero. Solo musulmani in forma di pastori di terracotta. Ce ne sono tanti, non ci sono solo i re magi (che pure rappresentano le culture diverse da quella cristiana). Una fanfara di arabi procede verso la grotta, turnanti in testa e tamburi alla mano. Sono pacifici, gioiosi.
«Mi sembrava doveroso proporre quest’anno un presepe del genere – racconta il titolare della bottega -. Ma attenzione: non è un’invenzione per colpire nel segno dell’attualità. Si tratta di una tradizione antichissima. Ricordo che mio nonno costruiva spesso il Presepe con gli arabi, diversi anni fa. Noi abbiamo solo ripreso quell’usanza, sperando che oggi possa avere un valore diverso. Sperando di veicolare un messaggio di pace».
di Redazione Papaboys (Fonte: Il Mattino di Napoli)