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A San Miniato la Beatificazione del vescovo Del Corona

A San Miniato la Beatificazione del vescovo Del CoronaA San Miniato la Beatificazione del vescovo Del Corona“Pastore di anime secondo il cuore di Cristo, testimone umile del Vangelo”: così Papa Francesco ha definito il vescovo di San Miniato, Pio Alberto Del Corona, beatificato stamani nella cittadina pisana. A presiedere il rito il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi. Ce ne parla Benedetta Capelli per la Radio Vaticana:

Il “vescovo bianco”. Era conosciuto così per il suo abito, che lo rendeva simile ad un angelo, il domenicano Pio Alberto del Corona alla guida della diocesi di San Miniato dal 1875 al 1906. Nato a Livorno il 5 luglio 1837 da una famiglia di commercianti, da subito si distinse nello studio prima in una scuola gestita dai Barnabiti poi nel convento fiorentino di San Marco dove completò la sua formazione filosofico-teologica. E’ in questo periodo, frequentando le Conferenze di San Vincenzo, che cresce la sua dedizione ai poveri, con loro sperimenta uno dei tratti della sua vita: l’educazione alla fede. Diventato sacerdote nel 1860, si dedicò alla predicazione e alla confessione, cominciando a pensare alla fondazione di una nuova Congregazione, divenuto poi l’Istituto di suore domenicane, sulla scia dell’esperienza di Santa Paola, discepola di San Girolamo. Fondò l’“Asilo della Pietra” per lo studio della Sacra Scrittura e l’educazione religiosa delle giovani. Nel 1874 fu nominato vescovo coadiutore della diocesi di San Miniato. Il 

card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi:

“Visitava le parrocchie, confessava, predicava, si batteva contro il vizio della bestemmia. Dovunque si recasse suscitava consensi. Vestito di bianco, il santo Vescovo veniva accolto come un angelo. Anche le sue omelie sembravano parole celesti. Talora nella visite pastorali confessava dalle quattro del mattino fino a mezzanotte, con brevi intervalli”.

In prima linea contro le ideologie atee e anticristiane fondò, oltre all’Istituto di suore domenicane dello Spirito Santo, anche la “Società di mutuo soccorso” per aiutare gli operai in caso di bisogno e la “Società Cattolica Femminea Promotrice di buone opere” con finalità caritative.

“I testimoni concordano nel dire che il Servo di Dio era ammirevole nell’esercizio delle virtù cristiane, vissute a un grado fuori del comune. Il suo abito virtuoso era noto a tutti. Egli aveva fatto della sua vita un cammino verso la santità, mostrandosi un vero pastore d’anime, degno dei primi secoli del cristianesimo”.

Vissuto in un periodo storico particolarmente travagliato, dalla metà del diciannovesimo secolo all’inizio del ventesimo, fu un testimone fedele del Vangelo. La sua vita fu un costante richiamo all’amore generoso di Dio, sorgente di opere durature, all’insegna della fraternità e della giustizia. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei Santi:

“Il Beato Pio Del Corona fu un pastore, che, come diceva San Gregorio Magno, dialogava con Dio senza dimenticare gli uomini e dialogava con gli uomini senza dimenticare Dio”.

La scheda:

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Le lettere pastorali. Il «vescovo bianco» – come fu definito dai biografi – scrisse quaranta lettere pastorali considerando quelle pubblicate come coadiutore della Diocesi durante l’episcopato di Annibale Barabesi e quelle scritte da vescovo titolare di San Miniato. Si va dalle «Istruzioni spirituali per la Quaresima» del 1875, seguite dalla Lettera «Per il massimo Giubbileo del 1875», alla Lettera del 1906 «Alla città e diocesi di San Miniato una parola d’addio». Tra i titoli delle lettere pastorali si distinguono temi come «il male», «La miseria», «L’istruzione», «La religione» e perfino «La  bestemmia».

Fino al 1897, anno in cui arrivò il riconoscimento governativo a vescovo di San Miniato a seguito della morte di mons. Barabesi, lo stemma riportato sulle lettere non è quello di mons. del Corona bensì quello del vescovo titolare.

Le nuove chiese. Nel corso del suo episcopato consacrò molte chiese della Diocesi. La prima, nel 1875, fu quella di Fauglia. Dopo la cerimonia scrisse: «Nulla di paragonabile esiste alla gioia di un tal trionfo!». A Fucecchio Del Corona resta ammirato della frequenza ai sacramenti e ricorda commosso quanti furono «i ritorni all’ovile di cristiani da troppo tempo lontani dalla vita religiosa». Di Marti dirà « lo spettacolo è così confortante da farci rivivere i primi secoli del Cristianesimo».
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A cura di Redazione Papaboys fonti: Radio Vaticana / Toscana Oggi

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