Italiae et Ecclesia

“Abbiamo fame, aiutateci”. L’impegno di Caritas Ambrosiana per chi grida!

Nel cuore dell’emergenza Coronavirus, prosegue il sostegno della Caritas Ambrosiana a favore di chi è nel bisogno, soprattutto di chi a causa della pandemia ha perso il lavoro. In piena attività gli otto empori diocesani: registrato un incremento del 30% dei generi alimentari richiesti e del 25% delle persone che domandano di poter fare la spesa gratuitamente. Intervista a Luciano Gualzetti

Giada Aquilino – Città del Vaticano per Vatican News

E’ una delle conseguenze della pandemia da coronavirus: la fame. Lo ha ricordato Papa Francesco, oggi nell’omelia della Messa a Casa Santa Marta. Si comincia a vedere gente che ha fame, ha detto, perché non può lavorare o perché già prima non aveva un’occupazione. In Italia, succede in Lombardia come in Sicilia.

“Fin da subito, quando sono arrivate le prime disposizioni delle autorità sanitarie per evitare la diffusione del virus, abbiamo cercato di contemperare quelle sacrosante esigenze con la necessità di stare vicino alle persone più fragili, che erano quelle che sarebbero state esposte maggiormente al rischio di contagio se noi le avessimo abbandonate senza dar loro un ricovero o del cibo, ma allo stesso tempo sarebbero state le persone che avrebbero pagato maggiormente questo isolamento, anche in termini di impoverimento”, riferisce a Vatican News Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana. “Ci siamo dunque attrezzati per evitare di chiudere e, anzi, incrementare la distribuzione di pacchi viveri, le attività degli empori della solidarietà, delle mense, per dare un supporto alle persone che perdevano subito il lavoro, magari quelle che noi avevamo aiutato precedentemente a trovare un lavoretto per una ripartenza: pensiamo a coloro che improvvisamente si sono trovati senza una fonte di reddito, perché magari erano assunti a tempo determinato, quindi alla scadenza del contratto sono stati lasciati a casa, oppure assunti a chiamata per andare nelle case degli anziani a fare ‘i mestieri’ o a fare la spesa. Tutto questo è stato fatalmente interrotto”.

Incremento delle necessità

Come Caritas Ambrosiana, prosegue il direttore, “abbiamo registrato oggettivamente un incremento della distruzione dei viveri a domicilio, perché non si poteva più fare in parrocchia, oppure negli empori. Due settimane fa, negli otto empori della diocesi si è registrato un incremento del 30% dei generi alimentari che la gente andava a prelevare, perché magari aveva a casa i bambini, che prima invece mangiavano nelle mense scolastiche. E anche un aumento del 25% delle persone che chiedevano di poter fare la spesa gratuitamente perché non se lo potevano permettere nei supermercati”.

Milano

Il Fondo San Giuseppe

Di fronte alla crescita del numero di persone che perdevano il lavoro, inoltre, “la scorsa settimana l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha ritenuto di avviare – anche su sollecitazione del Comune di Milano – il Fondo San Giuseppe per coloro che, a partire dal primo marzo, hanno perso il lavoro a causa di questa crisi e con un’erogazione a fondo perduto. Adesso stiamo raccogliendo le domande e dalla prossima settimana inizieremo a dare un piccolo reddito a chi non lo ha più”. Il Fondo San Giuseppe è partito con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro e, grazie al contributo offerto dal Comune di Milano di altri 2 milioni di euro, mette a disposizione inizialmente 4 milioni di euro: le risorse – si legge sul sito della diocesi ambrosiana che fornisce anche le modalità per le relative offerte

– saranno redistribuite alle fasce più deboli allo scopo di “disinnescare la crisi sociale che rischia di esplodere dentro l’emergenza sanitaria”. È dunque dedicato ai disoccupati a causa della crisi Covid-19, ai dipendenti a tempo determinato cui non è stato rinnovato il contratto, ai lavoratori precari, ai lavoratori autonomi, alle collaboratrici familiari e altre categorie di lavoratori fragili, residenti nel capoluogo lombardo e nel territorio diocesano. Gualzetti sottolinea inoltre come, di fronte al processo di ulteriore impoverimento di chi era già in difficoltà, si stia cercando di tenere queste persone “al di sopra della linea di povertà, perché se dovessero superarla sarebbe poi molto più difficile uscirne”.

Le storie

A Milano e in Lombardia, nel cuore dell’emergenza coronavirus, le storie di tutti i giorni ora sono quelle che raccontano di “persone che fanno davvero fatica ad andare al supermercato e riempire il carrello, che hanno bisogno di un aiuto e quindi si affacciano alla Caritas, gente che magari prima non l’aveva mai fatto. Ci sono anche altre storie, legate per esempio ai giostrai e ai circhi, che si sono trovati bloccati, anche con tutti gli animali: sono spese che devono sostenere per trattare dignitosamente il parco animali ma anche le 100 – 150 persone che vivono in quelle strutture”. “Effettivamente il grido è stato: Abbiamo fame, aiutateci”.

Ordini religiosi e monasteri in difficoltà

Ancora altre storie sono legate per esempio a “ordini religiosi o monasteri che- racconta il direttore di Caritas Ambrosiana – sono rimasti privi della vendita dei prodotti che producevano e si sono trovati a chiedere aiuto alla Caritas per superare queste settimane. Abbiamo cercato di aiutare anche loro, così come tante famiglie che hanno chiamato il parroco per chiedere una mano per poter avere cibo, come pasta, riso, olio, frutta, verdura, e medicinali”. E poi “la grande necessità è il bisogno di relazione, di compagnia: per questo abbiamo attivato anche la pastorale giovanile: stanno rispondendo molti giovani che sono disponibile a portare questi generi alimentari o le medicine agli anziani e lì sulla porta poi scambiano due parole”.

I supermercati

Nella disperazione generale, in queste ore rimbalzano anche notizie di gruppi che sui social hanno minacciato assalti ai supermercati, per esempio a Palermo, dove sono state mobilitate le forze dell’ordine. “Le prime immagini che ricordiamo sono quelle degli scaffali vuoti un po’ in tutti i supermercati della Lombardia. Dopo le rassicurazioni che gli approvvigionamenti sarebbero stati garantiti, adesso c’è molto ordine, tenendo presente che le prime indicazioni e attenzioni sanitarie sono arrivate il 23 febbraio”. Prosegue allora l’impegno per chi è in difficoltà, ribadisce Gualzetti: “cerchiamo tutti, istituzioni ma anche Caritas e terzo settore, di dare una risposta” a chi è nel bisogno.

La solidarietà

Per questo l’appello è ancora una volta alla solidarietà “stiamo mettendo fondo a tutte le risorse che abbiamo a disposizione, stiamo cercando di orientare – laddove mancano i volontari perché ad esempio gli ultrasessantacinquenni sono costretti a stare a casa – operatori che magari hanno visto chiudere il loro servizio e li stiamo investendo su queste altre attività, ma sono ovviamente costi in più che stiamo reggendo. Inoltre stiamo acquistando i materiali di protezione individuale, come le mascherine, sono tutti costi che sosteniamo per poter rimanere aperti”.

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