Gutta cavat lapidem. La goccia scava la pietra. La verità di questo brocardo latino è stata accolta benissimo dal fronte pro-choice, ben conscio che una battaglia persa non significa una guerra persa. E dunque insistere-insistere-insistere è diventato principio chiave di una strategia vincente. Una prova viene ancora una volta dal Parlamento europeo.
Questa settimana gli europarlamentari saranno chiamati a votaredue relazioni che interessano temi sensibili. La prima si intitola “La situazione dei diritti fondamentali in Unione Europea (2013-2014)”, proposta dall’italiana Laura Ferrara del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta. La seconda è stata redatta dalla portoghese Liliana Rodrigues, facente parte del gruppo dei Socialisti & Democratici, e si chiama “Rendere più forti le ragazze attraverso l’istruzione in Unione Europea”.
Queste due relazioni sono disseminate di perle imperdibili. Partiamo dalla relazione sui diritti fondamentali. Al n. 85 possiamo leggere che “occorre considerare che i diritti fondamentali delle persone LGBTI sono più tutelati se queste hanno accesso ad istituti giuridici come la coabitazione, la partnership e il matrimonio”. L’equivalenza è sempre la stessa: se non riconosci alle persone omosessuali la possibilità di sposarsi violi i lori diritti fondamentali. Al n. 104 si ammicca all’eutanasia quando si auspica che le decisioni contenute nei testamenti biologici o nelle DAT vengano sempre rispettate. Il n. 68 invece ci fa sapere che “i diritti della salute sessuale e riproduttiva”, espressione per indicare aborto e contraccezione, “sono diritti fondamentali ed elementi essenziali della dignità umana”. Da qui l’auspicio che la Commissione europea li includa come diritti fondamentali. La Ferrara chiede poi al n. 70 che ci sia “un accesso a metodi contraccettivi sicuri e moderni e all’educazione sessuale a scuola”. L’aggettivo “moderni” apre le porte alla pillola del giorno dopo e a quella dei cinque giorni dopo, preparati chimici che svolgono oltre ad un’azione contraccettiva anche una abortiva. In merito all’educazione sessuale, questa è ormai incentrata solo sul modo per non rimanere incinta o su cosa fare per sbarazzarsi del figlio inatteso o per insegnare che tu maschietto ti puoi comportare da femminuccia e che l’omosessualità è una felice variante dell’orientamento sessuale.
L’educazione sessuale è messa a tema anche nella relazione della Rodrigues, la quale spinge perché tutti gli Stati membri la adottino sin dalle elementari (n. 29). Anche in questa relazione l’educazione sessuale si riduce ad un corso di formazione per abortire e sull’uso dei contraccettivi. Al n. 31 troviamo poi la esplicita richiesta che in tutte le scuole del continente si insegni la teoria del gender e che si prevedano anche corsi di specializzazione su questo tema (40, 48).
Più volte nel passato si è cercato di inserire nelle agende nazionali discipline normative made in UE su temi di competenza dei singoli stati, violando così la sovranità nazionale. Di recente il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk ha ricordato che esiste un’area di decisione politica-giuridica di spettanza degli stati membri in cui gli europarlamentari non possono mettere becco. Ad esempio ha rammentato che “le definizioni di matrimonio e famiglia sono infatti di competenza nazionale degli Stati membri dell’Unione europea”.
Ma gutta cavat lapidem e dunque basta far spallucce a questi richiami ed andare dritti per la propria strada, certi che prima o poi aborto, eutanasia, “matrimonio” omosessuale saranno dichiarati diritti fondamentali con la conseguenza che tutti gli stati membri dovranno aggiustare le proprie leggi conformemente ai desiderata di Strasburgo.
Redazione Papaboys (Fonte www.lanuovabq.it/Tommaso Scandroglio)