Quello in corso in Ucraina, viene ricordato in una nota di Caritas italiana, è «un conflitto che vede scontrarsi l’esercito ucraino e i separatisti che si vorrebbero unire alla Russia, a costo di una guerra civile». Un conflitto che per un anno ha lacerato il Paese e che ora sembra intensificarsi di giorno in giorno, colpendo civili inermi e luoghi che nulla hanno a che fare con le forze armate. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, sono circa 600.000 gli sfollati dalle regioni orientali, 500.000 gli ucraini che hanno lasciato il Paese, e di questi oltre 260.000 in Russia.
Caritas Ucraina è accanto alla popolazione che soffre sin dai primi giorni degli scontri, con l’aiuto e il sostegno di molte Caritas in Europa. In particolare, sta fornendo aiuti a circa 40.000 persone in tutto il Paese, molte provenienti dalla Crimea, altre sfollate dall’Ucraina orientale e altre ancora ferite nei tragici eventi di piazza Maidan.
Anche Caritas italiana — si rende noto in un comunicato — ha inviato un contributo a sostegno degli interventi di Caritas Ucraina e ha attivato la rete nazionale delle Caritas diocesane per promuovere una raccolta fondi. «Si tratta di piccoli aiuti — ha sottolineato il direttore di Caritas italiana, don Francesco Soddu — in una situazione che di giorno in giorno appare più drammatica e che rischia di precipitare nella spirale di uno scontro sempre più violento, con la popolazione civile costretta a subire pesanti conseguenze. Per questo, mentre rilanciamo l’appello a sostenere l’impegno Caritas in loco e a sostenere le comunità degli ucraini in Italia, ci uniamo al Santo Padre nella preghiera per le vittime e nel chiedere che non si abbandoni la via del dialogo e del negoziato».
Purtroppo — rileva ancora la Caritas italiana — nonostante i recenti tentativi diplomatici, «la via del dialogo sembra allontanarsi e sul nostro continente torna ad affacciarsi lo spettro di una guerra come quella che per anni ha insanguinato i Balcani». Per questo occorre aderire all’appello del Papa, che ha esortato tutti alla preghiera, che «è la nostra protesta davanti a Dio in tempo di guerra», e ha ricordato che «l’unica parola giusta è “pace”».
L’Osservatore Romano, 10 febbraio 2015.
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