Al-Jaazera continua a essere una fonte per le testate giornalistiche dei vari paesi, Italia compresa. Ciò che trasmette l’emittente satellitare del Qatar, rimbalza automaticamente sulle pagine dei quotidiani o sugli schermi delle televisioni italiane, spesso senza nessuna ulteriore verifica rispetto a quanto viene trasmesso in altre parti del mondo. Un esempio di come si costruisce una notizia è questo: un qualunque gruppo armato uccide dei civili inermi, li riprende con una telecamera, li fotografa, invia le immagini alle televisioni con una nota (“civili massacrati in tale luogo dall’esercito regolare o da miliziani vicini al regime”). A quel punto l’emittente, ben sapendo che bisogna dare sostegno agli insorti e che l’obiettivo è, costi quel che costi, la caduta del dittatore di turno, fa il lavoro sporco e, attraverso i propri schermi, rilancia le fotografie e i video del nuovo massacro nei confronti della popolazione civile, spesso con immagini di bambini martoriati e di donne urlanti di dolore. Nel giro di qualche ora quella notizia, la cui fonte non è stata mai verificata, perché non vi è alcun interesse a farlo, fa il giro del mondo, viene rilanciata da tutte le più importanti agenzie di stampa, inonda le redazioni, finisce sulle prime pagine dei quotidiani internazionali, entra a pieno diritto nei notiziari come “un nuovo crimine” da denunciare all’umanità e campeggia in bella vista in migliaia di blog e siti attivi su Internet. Così, senza alcun lavoro giornalistico e senza alcuna ulteriore attività sull’autenticità dei fatti raccontati, si rafforza nell’opinione pubblica il convincimento che il terrore arrivi da una sola parte e mai dall’altra. Un’informazione a senso unico. Come se si decidesse di raccontare una partita di calcio parlando soltanto di una squadra, senza citare mai gli avversari; come se in campo scendessero solo undici uomini, senza arbitro, guardalinee, pubblico e con un solo giornalista a raccontare i 90 minuti di gioco. È accaduto prima in Libia, come è stato abbondantemente documentato, e accade da anni in Siria. È il modello al-Jazeera: raccontare gli eventi non per come sono ma per come bisogna mostrarli all’esterno. È la fabbrica delle bugie, della mistificazione, delle notizie di plastica, spesso sporche di sangue e di dolore. di Alessandro Aramu
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