La sua presenza abbassa notevolmente la media di età dell’assemblea del Sinodo. Si chiama Davide, ha tre mesi ed è stato già ribattezzato il “bambino sinodale”.
E’ il 12.mo figlio di Massimo e Patrizia Paloni, una famiglia itinerante del Cammino neocatecumenale in missione da 11 anni a Maastricht in Olanda: in qualità di uditori portano la loro testimonianza in aula.
R. – (Massimo) Siamo molto grati al Santo Padre che ci ha invitato al Sinodo, anche perché questa è un’occasione che abbiamo per rendere gloria a Dio per tutto quello che ha fatto nella nostra vita. Abbiamo ricevuto la fede dai nostri genitori, che è cresciuta attraverso un cammino di iniziazione cristiana: un cammino serio di formazione in cui viene creato l’uomo nuovo. Nella misura in cui perde forza il peccato originale cresce il Battesimo. Questo fa nascere l’uomo nuovo che è capace di amare, di dare la vita. Per questo abbiamo voluto accogliere con gioia tutti i figli che Dio ci voleva donare. Abbiamo voluto lasciare Roma e partire per l’Olanda, una terra di missione, non facile, ma siamo contenti perché vediamo che Di ci aiuta molto.
R. – (Patrizia) Io spero che in questo Sinodo si possa riscoprire la verità dell’Enciclica “Humanae Vitae”. Quando ero fidanzata ho letto questa Enciclica in preparazione al matrimonio e ho visto che lì c’era un messaggio di speranza, tutto un panorama che si apriva per me nella libertà: poter scegliere a favore della vita. Dio ci ha benedetto con molti figli: ogni figlio ha portato molte grazie con sé, rinforzando proprio il nostro matrimonio come coppia. Quando i compagni vengono a casa nostra a trovarci e mangiamo insieme, ci dicono: “Che bello mangiare insieme!”. E soprattutto in Olanda, dove non c’è più il fatto di stare a tavola insieme, perché anche lì si manifesta la comunione. Ecco, io spero che tutto questo possa uscire come un messaggio di bellezza e di speranza per il mondo, perché il mondo sta aspettando una luce e questa luce è sicuramente la famiglia cristiana!
D. – Che cosa chiedono le famiglie come voi alla Chiesa riunita qui al Sinodo?
R. – (Massimo) Uno dei punti fondamentali è il passaggio della fede alla prossima generazione: come possiamo noi genitori passare la fede ai nostri figli? Sicuramente la Chiesa è chiamata ad essere luce per il mondo, ad essere lievito, sale. C’è bisogno di una fede autentica e quindi è necessaria e urgente l’iniziazione cristiana nelle parrocchie.
D. – Voi siete in un contesto secolarizzato: che cosa vuol dire essere segno di contraddizione nel mondo?
R. – (Massimo) Tante persone si rallegrano del fatto che abbiamo tanti figli. C’è nostalgia di Dio veramente… Le persone in fondo stanno aspettando una buona notizia, una luce. Noi abbiamo nel Cammino la “Missio ad gentes”: una comunità di famiglie che parte per le zone più scristianizzate del mondo per far presente Gesù Cristo in mezzo a questa generazione. Al di là di tutto, dietro tutto questo – dietro le famiglie che partono, dietro l’apertura alla vita – c’è l’iniziazione cristiana.
D. – E c’è una buona formazione quindi…
R. – (Patrizia) Il contatto con la Parola di Dio, con i Sacramenti e con la liturgia: sono tutte occasioni. Stando a contatto con la Parola di Dio, piano piano questa risuona nella nostra vita. Ci interroghiamo: “Che cosa vuole dirmi Dio attraverso questa parola?”. E piano piano, come diceva mio marito, si ricrea quest’uomo nuovo. Tutti quanti abbiamo ricevuto il Battesimo, tutti abbiamo ricevuto come un seme, ma questo seme deve crescere. E allora c’è bisogno di un aiuto, perché questo cresca in una società dove è difficile vivere la fede da soli a livello personale. Perché prima c’era tutto un contesto cristiano-cattolico che aiutava e difendeva la nostra fede; e invece oggi viviamo in un mondo secolarizzato dove è molto difficile vivere la fede a livello personale. Ed è per questo che è davvero necessaria la presenza di una comunità cristiana, con altri fratelli con i quali ci si confronta e che pregano per te se sanno che sei in un momento di difficoltà. La nostra piccola comunità è stata un tesoro per noi, perché anche nel nostro matrimonio, nei momenti di difficoltà, quando abbiamo affrontato le crisi che vivono tante coppie nel mondo, quello che ci ha difeso è stata questa comunità. È come una piccola arca, che nel momento del diluvio, della tempesta, ci ha accompagnato facendoci guardare a Cristo.
Intervista di Paolo Ondarza trasmessa da Radio Vaticana
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