Il 16 marzo del 1978 a Roma, in via Fani, un commando delle Brigate rosse rapì Aldo Moro, uomo politico cattolico e giurista italiano, uccidendo i cinque uomini della scorta; venne ritrovato morto il 9 maggio successivo.
(dal nostro archivio web) È alle battute iniziali il processo di canonizzazione di Aldo Moro, il grande statista sequestrato e ucciso dalle Brigate Rosse 38 anni fa. Lo conferma ai microfoni della Radio Vaticana il postulatore Nicola Giampaolo, incaricato della causa di beatificazione, in occasione del centenario della nascita del Servo di Dio.
“Attualmente – spiega – stiamo ancora raccogliendo numerose postulatorie, testimonianze di cardinali, vescovi, convinti dell’opportunità di questa causa, ma anche di gente comune, politici e intellettuali. Quanto prima speriamo di poter richiedere il ‘nulla osta’ per procedere alla Conferenza Episcopale italiana”. Intanto “è stato già accolto, dal Tribunale della diocesi di Roma, il ‘supplice libello sulla fama di santità’, cioè il documento che costituisce il presupposto per avviare la causa”.
“Le premesse per aprire la causa di beatificazione c’erano perché l’attività politica se svolta secondo le virtù cardinali di giustizia, fortezza, temperanza, sobrietà e come servizio al bene comune, ma anche nella fede, è la forma più alta di carità”, afferma monsignor Andrea Venezia, canonico della Basilica di San Giovanni in Laterano. “Per un cristiano come Aldo Moro battezzato e cresciuto sin da giovane nella coscienza cristiana, la politica è stata certamente un atto di carità vissuto fino all’effusione del sangue”, aggiunge.
“Non solo Moro fu ucciso barbaramente – osserva mons. Venezia – come testimoniano le immagini che lo mostrano come ‘agnello immolato’. Ma la sua fine fu anche la conclusione di una testimonianza ed è per questo che nel suo caso possiamo parlare di martirio. Non solo testimoniò la fede con il suo approccio mite e pacato alle cose della politica e all’attività di governo, con la sua capacità di ascolto, mediazione, conciliazione degli opposti, ma portò avanti la sua testimonianza fino all’estreme conseguenze, andando incontro alla morte. Il suo non era tatticismo era un modello di governo. E Moro fu un politico impegnato anche per un ideale spirituale e trascendente che si chiama fede cristiana”.
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Alla Messa in suffragio di Aldo Moro, il 13 maggio 1978, il Beato Paolo VI lo definì un “uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico’ e parlo’ dell’oltraggio ‘ingiusto e mortale’ che gli era stato inflitto”. Tra i personaggi che appoggiano la causa di beatificazione, oltre alla primogenita di Moro, Maria Fida, c’è anche il giudice Ferdinando Imposimato, all’epoca giudice istruttore del processo Moro, secondo il quale, il suo gesto più grande fu l’aver perdonato i suoi rapitori e i futuri assassini.
di Redazione Papaboys