Ad Aleppo, in Siria, dopo sei anni di guerra, questa è la prima estate senza bombardamenti, senza scontri, morte, devastazione: è tornata la quiete nella maggior parte della città. E per la popolazione – ferita nel profondo – è iniziato il tempo della ricostruzione: la vita ricomincia.
E diventa «umana» perché chi vive nel dolore che accartoccia l’anima non è lasciato solo, perchè ci sono uomini e donne che, sentendo le ferite degli altri come proprie, tendono la mano. Perché insieme alle case si edificano ogni giorno legami di prossimità e di cura che sostengono e strappano dall’avvilimento e dalla prostrazione.
Nell’approssimarsi della festività dell’Assunzione di Maria in Cielo, Vatican Insider ha rivolto alcune domande al frate francescano Ibrahim Alsabagh: originario di Damasco, 46 anni, è parroco della chiesa di San Francesco di Aleppo, guardiano del convento, vicario episcopale e responsabile della comunità latina della città.
Qual è attualmente la situazione ad Aleppo?
«Dal 22 dicembre scorso, quando le forze governative hanno preso il controllo completo della città, non ci sono più scontri, le armi tacciono nella maggior parte della città, ma la guerra continua in altre aree del Paese anche vicine: ne sentiamo i rumori, specie di notte. Qui le condizioni di vita sono un poco migliorate tuttavia permangono molte difficoltà: c’è la corrente elettrica, ma solo per alcune ore al giorno. In diverse zone manca l’acqua, in altre arriva ma non è potabile e si registrano diversi casi di infezioni intestinali. Le merci hanno prezzi molto elevati, spesso proibitivi. Alcuni quartieri sono ridotti a cumuli di macerie, non c’è una casa che sia stata risparmiata dai bombardamenti; in altri, invece, la situazione è migliore: molti edifici sono stati danneggiati ma sono ancora in piedi. E bisogna ripararli. Dopo sei anni di guerra è iniziato il tempo della ricostruzione: non solo della città, ma anche dei cuori. Il conflitto ha lasciato ferite profonde, ma nelle persone – insieme a dolore, avvilimento, fatica – colgo anche la determinazione di ricominciare a vivere».
Quali iniziative avete avviato per promuovere quest’opera di ricostruzione?
«Già nel gennaio di quest’anno, a pochi giorni dalla liberazione della città, io e i miei confratelli abbiamo messo a punto diversi progetti, che si aggiungono alle attività iniziate durante la guerra quali ad esempio, la distribuzione dell’acqua potabile, l’ascolto e la cura delle persone bisognose di aiuto. Ci siamo resi conto che la Chiesa latina non poteva restare ad aspettare che lo stato intervenisse per ricostruire la città. Bisognava agire e lo abbiamo fatto per primi, con passi piccoli ma sicuri e costanti. Da gennaio ad oggi – con i molti, generosi volontari che ci affiancano nell’opera di assistenza – abbiamo riparato quasi 600 case, aiutato 200 giovani ad avviare una piccola attività e decine di famiglie a far fronte alle necessità legate alla ricostruzione. A giugno è iniziato l’oratorio estivo che ha accolto 856 bambini. Sono stati avviati due importanti progetti per i giovani che incontrano moltissime difficoltà a metter su famiglia».
Può illustrare questi due progetti?
«Uno riguarda i fidanzati. Attualmente vi sono 50 coppie (di tutte le comunità cristiane della città) che seguono i corsi di preparazione al matrimonio. È commovente vedere come questi ragazzi stiano affrontando il grande passo: dalle loro parole, dal modo in cui affrontano il futuro, colgo un salto di qualità nel modo di pensare il matrimonio cristiano, le responsabilità, il dono di sé all’altro. Noi ci siamo proposti di sostenerli anche economicamente perché – sebbene siano intenzionati a vivere molto sobriamente – non riescono ad affrontare tutte le spese da soli. Ad alcune coppie, ad esempio, paghiamo l’affitto della casa per uno o due anni, ad altre diamo una mano a riparare la casa e ad arredarla. Come dicevo, i prezzi sono molto elevati: un buon frigorifero di produzione siriana arriva a costare 700 dollari, per imbiancare una casa ne occorrono dai 400 agli 800. Ci sono ragazze che si accontentano di prendere a noleggio l’abito da sposa, ma capita spesso che non abbiano neppure il denaro necessario per questa spesa: provvediamo noi. E poi aiutiamo questi giovani a trovare lavoro».
E per quanto riguarda le coppie di neosposi?
«A loro offriamo un pacco alimentare ogni mese, il pagamento dell’elettricità e delle spese mediche, incluse quelle per la gravidanza e il parto. Inoltre, dopo la nascita del bambini, assicuriamo ai genitori beni indispensabili quali latte e pannolini. Abbiano notato che diverse coppie hanno difficoltà a procreare a causa di ostacoli di varia natura (conseguenti alla guerra): paghiamo noi tutte le visite mediche e gli interventi che si rendono necessari.
La Chiesa è madre e si prende cura degli esseri umani non solo con parole spirituali – che restano indispensabili – ma anche con interventi che sostengono la vita quotidiana. Siamo felici di poter aiutare un così grande numero di persone offrendo la carezza risanante di Cristo: se riusciamo a farlo lo dobbiamo non a nostre speciali capacità ma a Cristo: è Lui che dà la forza, è Lui che cura le ferite e fa passare dalla morte alla vita. Crediamo fortemente nella potenza della risurrezione».
In giugno si è svolta l’iniziativa denominata “Aleppo più bella”: vuole raccontarla?
«Sostenuti dalle autorità locali, domenica 18 giugno un nutrito gruppo di scout ha cominciato a dipingere i marciapiedi cittadini, ripristinando anche la segnaletica municipale: un piccolo gesto per ridare colore alla città. L’invito a partecipare era stato rivolto a tutta la popolazione e, quella mattina, ad affiancare gli scout sono accorse molte persone piene di entusiasmo. Noi frati abbiamo fornito a tutti guanti, vernici, secchi e pennelli. L’esperienza si è ripetuta la domenica successiva: i volontari, ancor più numerosi, si sono divisi in gruppi ciascuno dei quali si è occupato di un diverso settore della città. È diventata una festa che ha unito la popolazione come una grande famiglia. La Chiesa deve fare il primo passo cominciando a seminare il bene, che – me ne accorgo ogni giorno – è contagioso».
Come stanno vivendo i bambini questa prima estate senza scontri né bombardamenti?
«Tutti hanno patito grandi sofferenze e ne portano i segni. Ad esempio, un padre di famiglia mi raccontava che il figlio di 10 anni, dopo aver visto cadere dei missili nei pressi della loro abitazione, si allarma per ogni minimo rumore: è sempre spaventato. Abbiamo deciso di organizzare l’oratorio estivo scegliendo come tema “con Gesù colorerò la mia vita”: per due mesi – grazie all’impegno e alla dedizione di 60 volontari – ben 856 bambini (delle comunità cristiane della città) hanno potuto giocare, praticare sport e seguire lezioni di canto, ballo, teatro, disegno. Si sono divertiti moltissimo. Il 28 luglio c’è stata una grande festa per la chiusura delle attività alla quale sono intervenute 3.200 persone: c’erano tutti genitori e i familiari, felici di vedere i loro bambini contenti e rasserenati.
Riguardo al futuro, stiamo pensando di organizzare anche un servizio di dopo scuola coinvolgendo gli istituti cattolici e ortodossi della città (frequentati anche da molti musulmani): dopo le sofferenze patite, bambini e ragazzi faticano a studiare da soli e hanno bisogno di essere accompagnati e assistiti».
Durante il conflitto molte famiglie sono fuggite da Aleppo: stanno cominciando a tornare?
«Sì, in buon numero, anche se non ho dati ufficiali. Diverse famiglie ci dicono di aver preso questa decisione dopo aver saputo di poter contare sull’aiuto concreto della Chiesa. Dedichiamo molto tempo e molte energie all’accoglienza di queste famiglie, che hanno bisogno di essere accompagnate per poter ricominciare a vivere in città. C’è anche chi, durante il periodo di permanenza all’estero, ha subìto gravi ingiustizie e ha perso tutto: ora prova amarezza e vergogna per quello che considera un fallimento. Noi garantiamo sostegno economico, aiutiamo a trovare lavoro, a riavviare attività commerciali, a riparare case. E non ci stanchiamo di far giungere ai profughi il nostro invito: “Tornate, non vergognatevi se siete diventati poveri, la Chiesa vi darà una mano, vi risolleverete”. Grazie a Dio molti benefattori ci inviano denaro con il quale riusciamo a organizzare tutte le molteplici attività di cui ho parlato: purtroppo, in una città distrutta come Aleppo, il denaro non basta mai».
Come trascorrerete la festività dell’Assunta?
«Vi saranno le celebrazioni eucaristiche e organizzeremo una momento conviviale per i fedeli. In Oriente la devozione a Maria è profonda: nei 14 giorni che precedono la festività dell’Assunta vi è la consuetudine di osservare momenti di digiuno e di recitare preghiere particolari. Questa ricorrenza mariana mi è particolarmente cara: è la festa di nostra Madre, che Dio ha voluto accogliere subito nel Suo grembo ospitale, al quale siamo destinati».
Fonte www.lastampa.it
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