R. – Di questi (foreign fighters, ndr) una parte sono stati reclutati direttamente in Italia, altri invece sono passati in Italia con la piattaforma logistica tipica del terrorismo, non soltanto islamico. Storicamente in Italia è così, anche per la sua forma geografica e la sua proiezione al Mediterraneo. Un buon numero di questi sono ancora impegnati tuttora in campi di battaglia o di addestramento tra Siria ed Iraq. Noi siamo esposti tanto quanto gli altri Paesi occidentali ed europei in particolare. E’ evidente che ci sono alcuni elementi che diminuiscono, temperano un poco questo rischio. Ad esempio, il fatto che noi abbiamo una forma di immigrazione particolare rispetto ad altri Paesi ed anche una qualità dell’immigrazione molto diversa rispetto a quella di altri Paesi europei. Detto questo, molto spesso nei proclami del sedicente califfo ci sono riferimenti a Roma, alla presa di Roma, alla capitale della cristianità.
D. – Il ministro Alfano parla anche di un possibile ritiro dei passaporti per i sospettati. Dobbiamo però sempre fare una netta distinzione tra islam e terrorismo…
D. – Questi strumenti di analisi passano sempre di più attraverso il web?
R. – Il web è oggi il principale luogo del reclutamento e della radicalizzazione per buona parte dei combattenti che si trovano oggi impegnati al fronte tra Siria e Iraq. L’anonimato che garantisce Internet, la fluidità dell’informazione, la rapidità degli scambi e soprattutto la possibilità di partecipare ad una arena mediatica globale dà ad internet una valenza particolare per chi intende o radicalizzarsi oppure trasferire dei messaggi improntati all’odio per il diverso e alla volontà di colpire nel cuore i principi di libertà, di sicurezza delle società occidentali.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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