Nell’omelia, ricordando il terribile terremoto del 6 aprile 2009, ha esortato a proseguire con speranza il cammino della vita
La celebrazione della “Perdonanza” è “un’occasione propizia per sentirci comunità viva, che si impegna, specchiandosi nella Parola di Dio e nell’Eucaristia per rinnovare la sua fede e la sua vita cristiana”. Al contempo, “per riprendere con coraggio e speranza il cammino della nostra vita”, anche dopo la tragedia del terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009. Lo ha evidenziato il cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, presiedendo la Santa Messa per la 725.ma “Perdonanza Celestiniana”, il Giubileo Aquilano indetto da Papa Celestino V.
Prendendo spunto dalla lettera di Papa Francesco alla popolazione, nel decimo anniversario dal sisma, il porporato ha ricordato l’esortazione del Pontefice alla gente dell’Aquila. Pregando, quindi, il Signore – “nel faticoso cammino della ricostruzione” – di rendere “sempre più coesa e creativa” la locale comunità ecclesiale e sociale. Questo attraverso “coraggiosi testimoni di operosa legalità, di fattiva sinergia e di fraterna solidarietà”.
La “Perdonanza”, ha spiegato il cardinale Bertello ,riportato poi su Vaticannews, è “un invito pressante a lasciarci riconciliare con Dio. Ad accoglierlo e riconoscerlo presente nella nostra vita. In una parola, a convertirci a lui”, scoprendo quotidianamente la misericordia del Signore. Il presidente del Governatorato ha quindi esortato i fedeli a riflettere su quale sia “il nostro rapporto con il Signore”. Notando, inoltre, come sia spesso “vago, distratto, quasi impersonale, perché si lascia soffocare dalla polvere dell’individualismo, del consumismo, della ricerca del piacere a tutti i costi. Di conseguenza, le nostre scelte non reggono alla prova della cultura imperante, che si va distanziando sempre di più dagli insegnamenti del Vangelo e talvolta vengono banalizzati e anche derisi i principi della fede e della vita morale”.
Non basta una religiosità fatta di emozioni. Così evidenzia il cardinale citando il Profeta Isaia e San Giovanni. E’ necessario essere “capaci di amare il fratello che vediamo”, sapendolo perdonare. Amare il fratello, secondo quanto insegna Papa Francesco, “vuol dire impegnarsi ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi. A non cadere nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo, nel cinismo che distrugge. Vuol dire aprire i nostri occhi sulle miserie del mondo e le ferite di tanti fratelli e sorelle ed ascoltare il loro grido di aiuto”. La preghiera è stata dunque affinché il Signore “ci faccia riscoprire la bellezza del suo amore e la dolcezza del suo perdono e ci renda fedeli ed operosi testimoni di Gesù nel mondo per costruire una società più giusta e fraterna”.
Di Giada Aquilino per Vaticannews.va
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