La scuola cattolica è nata per essere al servizio di tutti, in particolare dei più poveri. La presentazione del documento affidata a mons. Giovanni Ambrosio, presidente della Commissione Cei, lancia un messaggio molto chiaro: “La scuola cattolica deve continuare ad esercitare il suo servizio come testimonianza dell’impegno di tutta la comunità ecclesiale nella realizzazione del quotidiano compito educativo e della costante attenzione ai più deboli”
. La scuola cattolica, richiama ancora il vescovo, per dimensioni, ossia in Italia poco meno di un milione di alunni, non può essere ritenuta esperienza marginale o accessoria. Inoltre, deve essere considerata “una vera risorsa della Chiesa locale non un fattore accessorio o una pesante incombenza gestionale”. Un punto importante questo, sul quale i vescovi tornano nella nota quando rivolgono un appello ad ogni Chiesa locale perché si senta interpellata dalla realtà della scuola cattolica e si adoperi affinché si attuino “iniziative utili alla incentivazione e valorizzazione della sua presenza nel territorio”.Nella nota si invita a “superare qualche diffuso pregiudizio”
, poiché la scuola cattolica non è istituzione confessionale o di parte, perché per suo statuto, è al servizio di tutti con “obiettivo primario di curare l’educazione della persona” e di promuoverne “la crescita libera e umanamente completa”. Per la sua apertura e accoglienza, al di là delle appartenenze culturali e religiose, la scuola cattolica ha per tradizione offerto a tutti il suo servizio sociale, ponendosi come “modello per le politiche scolastiche nazionali e per lo stesso ordinamento scolastico statale”. “Il diritto a una educazione e a un’istruzione libere appartiene a ogni persona – si ribadisce – indipendentemente dalle sue convinzioni religiose o dai suoi orientamenti culturali”.La legge 62 del 2000 – spiegano i vescovi – se da una parte si è rivelata una conquista, avendo “ridefinito la natura stessa delle scuole cattoliche, quasi tutte paritarie e dunque facenti parte dell’unico sistema nazionale d’istruzione”, dall’altra segna però un cammino ancora “incompiuto” verso una effettiva parità. Se è vero, si legge ancora, che “quasi tutte le scuole cattoliche sono paritarie, non tutte le scuole paritarie sono cattoliche”, ma è la scuola cattolica che da anni si batte in Italia “per rendere effettiva una reale cultura della parità”. E tra gli ostacoli a tale cammino, la Cei elenca: il non adeguato finanziamento, che ha portato alla chiusura di molte scuole cattoliche soprattutto dell’infanzia. “Fino a che – concludono i vescovi – la legislazione italiana sulla parità non avrà ottenuto il suo completamento anche sul piano del suo finanziamento, a una parità nominale affermata non corrisponderà mai una parità nei fatti”. Inoltre, si sottolinea, le scuole cattoliche rappresentano “un significativo risparmio per l’amministrazione statale” oltre che “un prezioso contributo di idee e di esperienze sul piano organizzativo, didattico e gestionale per tutto il sistema educativo nazionale”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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