La sera del 7 febbraio è stato pubblicato sul web un documento che invitava per la prima volta, in lingua italiana, i “lupi solitari” del nostro paese a unirsi alla jihad dell’Isis. Pochi giorni dopo, la rete di hacker Anonymous ha svelato di aver bloccato un profilo twitter appartenente ad un esponente dello stato islamico sicuramente italiano. Due indizi che anche la cyber-guerrilla islamica minaccia il nostro paese: su questi profili non sono solo le forze dell’ordine e i servizi ad indagare, ma anche studiosi che spesso collaborano con l’intelligence. «Sicuramente chi ha realizzato il comunicato dei lupi solitari parlava molto bene in italiano», spiega a tempi.it Marco Arnaboldi, esperto di islam radicale che collabora con l’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) proprio rispetto alla minaccia sul web.
TRADUZIONE IMPECCABILE. Secondo Arnaboldi, «il contenuto di quell’appello non è nuovo, ma è fedelmente tradotto da un testo in arabo, pubblicato all’inizio del 2015 sul sito alplatform.com dall’utente “Hamel Bochra”. Quest’ultimo ha creato vari contenuti negli ultimi tempi, ma non si sa ancora chi sia esattamente. Per quanto riguarda la traduzione italiana, è frutto del lavoro di un team. L’immagine usata nella traduzione italiana infatti è stata usata anche per le traduzioni in altre lingue». La stessa traduzione italiana «è stata realizzata da qualcuno che conosce bene la nostra lingua, anche se non sappiamo ancora chi sia».
PIATTAFORME WEB. Per l’islamologo il traduttore italiano partecipa alla jihad online ed è esperto di web, perché «come altri utenti italiani, lo troviamo attivo sulla piattaforma justpaste.it italiana. Questo dominio registrato in Polonia dà a tutti la possibilità di inserire dei contenuti che rimangono visibili nel tempo attraverso dei link. Visita anche shabakataljihad e isdarat, piattaforme di radicalizzazione che rendono “legittimi jihadisti” anche gli utenti-lupi solitari che su di esse postano».
SHARIA4ITALY. I cyber guerriglieri italiani usano anche altri strumenti, secondo gli studi di Arnaboldi: «La piattaforma Ask.fm è stata usata per prendere contatti diretti con delle persone sul campo, per sapere come raggiungere il fronte e che cosa serva: sicuramente quest’ultima piattaforma è stata usata da italiani, in casi recenti, con le finalità del jihadismo. Negli anni passati c’è stata poi la diffusione di alcuni blog come Sharia4italy, creato da Anas Al Aboubbi , il ventenne di origine marocchina che da Brescia è partito per diventare un foreign fighter. Quel blog è servito sicuramente a creare contatti ed è rimasto online anche dopo la partenza di Al Aboubbi e la sua identificazione da parte della nostra intelligence, probabilmente perché i servizi segreti italiani lo hanno usato come “esca” per tracciare chi lo visitava».
«SI PARTE PER TROVARE MOGLIE». Ma perché si diventa foreign fighters? «In generale, in tutt’Europa, abbiamo visto che i soggetti sono stati i più disparati – continua Arnaboldi -. C’è chi è stato catturato dall’idea di vivere nella realtà quelle battaglie che prima viveva solo sui videogiochi. C’è chi gioca a fare l’eroe romantico, ed è convinto di andare a liberare la comunità islamica. C’è infine chi soffre frustrazioni e delusioni molto più banali e le sfoga così: non è un esempio che faccio a caso e ricordo che proprio poco tempo fa, Al-Bagdhadi ha ordinato di finanziare i matrimoni con i combattenti, per rispondere a questo specifico bisogno. In Italia i più attratti sono persone che hanno vissuto un’esclusione sociale o la solitudine, che sono diventate motivo di radicalizzazione».
BLOCCARE I FOREIGN FIGHTERS. Il pacchetto di misure approvate dal Consiglio dei ministri il 10 febbraio è un buon passo per l’esperto di islam dell’Ispi Lorenzo Vidino. «Il decreto colma un anacronismo – afferma a tempi.it – Il sistema vecchio di reclutamento esiste ancora, ma è stato in parte superato da fenomeni di auto-radicalizzazione e auto-reclutamento, in cui non c’è nemmeno più un reclutatore. Il decreto dà uno strumento alle autorità: magari non servirà a scoraggiare chi vuole partire ma almeno ora le forze di polizia potranno intervenire. Se, come sta realmente accadendo, un soggetto dall’estero fornisce contatti con la Turchia o la Siria a un soggetto in Italia, sebbene quest’ultimo potrebbe sembrare solo una persona passiva che si mette a disposizione, adesso potrà essere controllato ed eventualmente arrestato. Prima non sarebbe stato possibile»
Articolo di Chiara Rizzo
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