CAGLIARI – Anche la diocesi di Cagliari ha promosso una veglia di preghiera per la Terra Santa per questa sera: si svolgerà sul sagrato della Basilica di Nostra Signora di Bonaria. Ne parla l’arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio, al microfono di Sergio Centofanti della Radio Vaticana
R. – E’ una veglia di preghiera nata dal basso, non decisa dai vertici della diocesi. E’ nata proprio dalla comunità palestinese che abbiamo qui e anche dalle altre comunità immigrate che sentono sulla loro pelle il dramma che si vive in questi giorni. E questa iniziativa, venuta da loro, ci ha coinvolti, ci ha fatti anche un po’ arrossire, perché saremmo dovuti arrivare prima noi a proporre un’iniziativa specifica. Dunque, questa sera, davanti al piazzale della Basilica di Nostra Signora di Bonaria ci sarà questa veglia di preghiera e naturalmente il pensiero è andato subito a Papa Francesco e sono stati gli stessi promotori a proporre il piazzale del Santuario di Bonaria, ricordando proprio la visita dello scorso settembre di Papa Francesco. Devo dire anche che sia l’iniziativa, che è partita da un gruppo di immigrati, ma sia anche la risposta della diocesi, che ho visto in pochi giorni, è stata molto partecipata, è stata anche molto sostenuta dall’impressione dell’incontro avvenuto in Vaticano l’8 giugno scorso, con il Papa e i rappresentanti dei due popoli E’ un evento che ha segnato un po’ la coscienza e l’opinione pubblica, per due motivi. Primo, perché è stato un momento davvero inedito; secondo, l’apparente sconfitta della preghiera: questo ci interpella molto. E allora, questa sera sarà l’occasione anche per dire che la preghiera non è sconfitta.
D. – In molti denunciano la sproporzione della risposta israeliana ai razzi di Hamas …
R. – Sì: questo l’abbiamo già visto altre volte. Perché c’è una sproporzione tra le forze, c’è una sproporzione tra i due popoli … Quindi, la sproporzione è davvero grande ed è spietata. Chi sono i più piccoli, chi sono i più poveri, chi sono i più indifesi, lo si vede.
D. – Quali sono le sue speranze?
R. – La speranza è che ci si rimetta intorno ad un tavolo; la speranza è che tutte le istanze internazionali ce la mettano davvero tutta; la speranza è che molti di più capiscano che la pace in Terra Santa significa la pace nel mondo, e quindi la speranza è che ci sia questa consapevolezza e che il gesto del Papa non rimanga isolato. E’ stato un gesto che ha colpito tantissimo, sia perché è partito da lui, sia perché ha incontrato a casa sua i rappresentanti dei due popoli. E’ un filo di speranza che rimane: il gesto del Papa non è finito, non è soffocato. E le parole di pace che sono state dette anche dalle due parti, rimangono vere, sono un seme che abbiamo bisogno di coltivare.