Cinquantatre anni fa, José Mario Bergoglio viene ordinato sacerdote, a 33 anni e con un diploma di tecnico chimico in tasca.
Nella Basilica Vaticana, la celebrazione eucaristica di Francesco per la memoria della Beata Vergine Maria di Guadalupe
L’immagine, la tilma, le rose: è questo il messaggio della Madonna di Guadalupe. Francesco lo sottolinea nella Messa celebrata nella Basilica di San Pietro in lingua spagnola nella festa della Beata Vergine Maria di Guadalupe. A compiere i gesti liturgici della celebrazione il prefetto del Dicastero per i Vescovi il cardinale Robert Prevost e al fianco del Papa oltre trecento concelebranti, fra porporati, vescovi e sacerdoti. Nella sua breve omelia Francesco rimarca ai 3mila fedeli presenti il significato di quanto si è prodigiosamente impresso nel mantello di San Juan Diego Cuauhtlatoatzin nel dicembre del 1531.
È l’immagine della prima discepola, della madre dei credenti, della stessa Chiesa, che rimane impressa nell’umiltà di ciò che siamo e abbiamo, che non vale molto ma che sarà qualcosa di grande davanti agli occhi di Dio, impressa nella tilma.
Profumare la propria fragile realtà con opere di bene
Ma è soprattutto su quei fiori protagonisti del prodigio di Guadalupe che il Papa si sofferma, precisando che “nella mistica, rappresentano le virtù che il Signore infonde nel cuore” e che “non sono opera nostra”. “L’atto di raccoglierli ci rivela che Dio vuole che accogliamo questo dono, che profumiamo la nostra fragile realtà con opere di bene, crescendo nella virtù ed eliminando odio, timori” chiarisce Francesco.
Le virtù che il mondo non ha
L’immagine di Maria impressa sulla veste di Juan Diego, è il suo “esserci” fra di noi, fa notare il Papa, aggiungendo che “questo esserci, è rimanere permanentemente impressa in quei poveri abiti, profumati da virtù raccolte in un mondo che sembra incapace di produrle”, le quali “riempiono la nostra povertà nella semplicità di piccoli gesti di amore, che illuminano la nostra tilma, senza che ce ne rendiamo conto, con l’immagine di una Chiesa che porta Cristo nel suo grembo”.
L’ANNIVERSARIO
Le mani dell’arcivescovo di Cordoba, monsignor Ramon José Castellano, sul capo di José Mario Bergoglio segnano l’inizio di una lunga storia di dedizione, servizio e amore per la Chiesa. E’ il 13 dicembre 1969, 4 giorni prima del suo 33.mo compleanno. In quella data si porta a compimento un percorso iniziato a 17 anni quando si accende in lui la scintilla della vocazione.
Nella confessione con padre Duarte, mai visto prima nella chiesa di San José de Flores, il futuro Papa Francesco trova una guida capace di fargli scoprire la sua vocazione. “Tornò a casa – si legge nel libro conversazione del Pontefice con Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti – con una convinzione ferma: voleva, doveva diventare sacerdote”. Solo a 21 anni l’ingresso nella Compagnia di Gesù.
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Vicini e in mezzo alla gente
La vicinanza è l’altro tratto messo in luce da Papa Francesco. Nell’omelia della messa del Crisma, 29 marzo 2018, il Pontefice ricorda che “il sacerdote vicino, che cammina in mezzo alla sua gente con vicinanza e tenerezza di buon pastore (e, nella sua pastorale, a volte sta davanti, a volte in mezzo e a volte indietro), la gente non solo lo apprezza molto, va oltre: sente per lui qualcosa di speciale, qualcosa che sente soltanto alla presenza di Gesù.
Perciò non è una cosa in più questo riconoscere la nostra vicinanza. In essa ci giochiamo se Gesù sarà reso presente nella vita dell’umanità, oppure se rimarrà sul piano delle idee, chiuso in caratteri a stampatello, incarnato tutt’al più in qualche buona abitudine che poco alla volta diventa routine”.