In America Latina e nei Caraibi si sta prendendo coscienza che la natura è un bene gratuito ricevuto in eredità che va protetto in quanto spazio prezioso per la convivenza umana. «Tale patrimonio è spesso fragile e indifeso di fronte ai poteri economici e tecnologici. Pertanto, come profeti della vita, vogliamo sottolineare che negli interventi sulle risorse naturali non devono prevalere gli interessi di gruppi economici che devastano intenzionalmente le fonti della vita a scapito di intere nazioni e dell’umanità stessa». E’ questo uno dei passaggi dedicati alla questione ambientale del documento conclusivo di Aparecida del 2007.
Il testo è frutto dei lavori della V conferenza degli episcopati latinoamericani che si svolse in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Brasile. Un ruolo determinante nella stesura del documento lo ebbe proprio il cardinale Jorge Mario Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, che riuscì a mediare fra le varie sensibilità ecclesiali della regione e allo stesso tempo diede un forte contributo personale a un testo che viene spesso chiamato in causa per scorgere le priorità pastorali e il pensiero dell’attuale pontefice. Fra i vari aspetti affrontati c’è quello relativo all’ambiente, una questione che assume particolare significato a ridosso della pubblicazione della prossima enciclica di Papa Francesco, «Laudato sì’». Nella prima parte del documento si mette in luce come la preservazione della natura venga spesso subordinata allo sviluppo economico, una scelta che provoca danni alla biodiversità, facilita l’esaurimento delle riserve di acqua e di altre risorse naturali, oltre ad alimentare l’inquinamento e il cambiamento climatico.
Una serie di paragrafi del capitolo 9 del documento, poi, è dedicata al «rispetto dell’ambiente»; varie tematiche, preoccupazioni e indirizzi pastorali relativi alle questioni ecologiche, compresa «l’ecologia umana» di cui si è parlato in queste settimane e già al centro del magistero di Bergoglio, sono dunque rintracciabili in quelle pagine. «Le generazioni che ci succederanno – si legge nel testo – hanno diritto a ricevere un mondo abitabile e non un pianeta con aria inquinata. Fortunatamente, in alcune scuole cattoliche, si è cominciato ad introdurre, fra le varie discipline, anche l’educazione alla responsabilità ambientale». «La Chiesa è grata – si legge ancora – a tutti coloro che sono interessati alla difesa della vita e dell’ambiente. E’ necessario inoltre dare particolare importanza alla grave distruzione in corso dell’ecologia umana. Bisogna stare vicino ai contadini che con generosità lavorano duramente, a volte in condizioni difficili, per trarre dalla terra il sostentamento per le loro famiglie e portare a tutti i frutti della terra».
«Nel disegno meraviglioso di Dio – si spiega con riferimento alla tradizione cristiana – l’uomo e la donna sono chiamati a vivere in comunione con Lui, in comunione fra loro e con tutta la creazione». Il documento, tocca poi alcuni dei temi forti della questione ambientale, a partire dalla realtà dell’America Latina e dei Caraibi, dove mutazione dei fenomeni climatici e sfruttamento indiscriminato delle risorse rappresentano un problema centrale per lo sviluppo e il futuro della regione. In questo senso dal documento emerge in modo significativo quanto abbia pesato l’esperienza latinoamericana del papa e di molti vescovi in relazione allo sviluppo di una riflessione sula tutela del Creato, si pensi solo alla difficile battaglia per la preservazione della foresta pluviale amazzonica. Il testo descrive quindi un percorso nel quale si può osservare quale sia l’origine di una sensibilità specifica in cui natura, ambiente umano, scelte politiche e annuncio evangelico s’incontrano.
«La ricchezza ambientale dell’America Latina e dei Caraibi – si afferma infatti nel documento – sperimenta oggi uno sfruttamento irrazionale che sta lasciando dietro di sé una scia di dilapidazione e di morte per tutta la regione. In questo processo ha un’enorme responsabilità l’attuale modello economico che privilegia un eccessivo desiderio di ricchezza al di sopra della vita, delle persone, dei popoli e del rispetto razionale per la natura». «La devastazione delle nostre foreste e della biodiversità attraverso un comportamento predatorio e egoista – si legge di seguito – coinvolge la responsabilità morale di coloro che la promuovono, perché mette in pericolo la vita di milioni di persone e in special modo l’habitat dei contadini e delle popolazioni indigene che sono espulsi verso i terreni collinari e le grandi città per vivere stipati nelle baraccopoli».
La nostra regione – afferma ancora il documento – necessita di uno sviluppo agroindustriale per valorizzare le ricchezza della terra. Tuttavia, scrivevano i vescovi latinoamericani, «non possiamo non menzionare i problemi che causa uno sviluppo industriale selvaggio e incontrollato» delle nostre città e delle campagne, che contamina l’ambente con tutti i tipi di rifiuti organici e chimici. Ancora il documento mette in guardia in merito ai danni provocati dall’industria estrattiva che spesso ha effetti dannosi per l’ambiente circostante essendo causa dell’eliminazione di foreste e della contaminazione dell’acqua mentre trasforma le zone oggetto di sfruttamento in immensi deserti.
E’ di fronte a questo quadro drammatico dello sfruttamento ambientale, che il documento prova ad offrire alcune risposte a partire dall’evangelizzazione dei «nostri popoli per riscoprire il dono della Creazione sapendola contemplare e rispettare come casa di tutti gli esseri viventi e origine della vita del Pianeta»; in tal modo l’uomo potrà esercitare responsabilmente la propria presenza sulla Terra anche in relazione alle risorse naturali cercando di fare in modo che tutti tutti possano goderne i frutti in base al principio della loro destinazione universale. Allo stesso modo sarà necessario educare a uno stile di vita sobrio e di austerità solidale. Si sottolinea poi l’importanza di una presenza pastorale incisiva fra le popolazioni più fragili e minacciate «da uno sviluppo predatorio», appoggiandole nell’obiettivo di ottenere una equa distribuzione della terra, dell’acqua e degli spazi urbani. Quindi si parla della ricerca «di un modello di sviluppo alternativo integrale e solidale basato su un’etica che includa la responsabilità per un’autentica ecologia naturale e umana, che trova fondamento nel Vangelo della giustizia, della solidarietà e della destinazione universale dei beni, tale da superare la logica utilitarista e individualista» in forza della quale i poteri economici e tecnologici ritengono di fare a meno di criteri etici. In tal senso vanno aiutati i contadini affinché si organizzino in modo che possano ottenere ciò che giustamente chiedono.
In questo contesto non può mancare un appello ai vescovi in favore di politiche pubbliche e di partecipazione dei cittadini in favore della protezione, conservazione e recupero dell’ambiente naturale. Si chiede quindi il monitoraggio dell’applicazione da parte dei vari Paesi degli standard internazionali sull’ambiente, infine si fa appello a una maggiore presa di coscienza sull’importanza dell’Amazzonia per tutta l’umanità.
Di Francesco Peloso per Vatican Insider (La Stampa)
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