Finis Mundi

“Apparve nel cielo un segno grandioso”. La Vergine Maria nella prima e seconda venuta di Cristo

Solo Dio è eterno; per cui, prima dei tempi esisteva solo Dio, nel dinamismo d’amore insito nelle Tre Persone unite nell’unica natura divina.

Poi il creato – Angeli, cosmo e uomini – ha visto questo amore esprimersi esternamente, dando vita solo a creature belle e buone, di cui il Creatore si è compiaciuto. Ma il dono più bello, che forma la grandezza delle creature superiori – l’intelligenza e la libertà – ha indotto alla superbia e alla ribellione prima una parte di Angeli e poi, per istigazione di questi, i nostri progenitori.

Così sono entrati nel mondo il peccato, il male, la sofferenza, la morte, l’Inferno; quando invece Iddio ha creato tutti per la felicità eterna.

L’odio di Satana contro Dio lo ha portato e lo porta a indurre l’uomo alla ribellione e al peccato. Ma contro le conseguenze della colpa originale, la misericordia infinita di Dio preannuncia la salvezza: manderà il suo stesso Figlio, che verrà come Redentore. Sarà figlio di una donna. Questa donna, subito annunciata, è posta da Dio stesso come la nemica di Satana e segno di salvezza.

È il primo annuncio di Maria, agli albori della storia umana, riferito nel Protovangelo: “Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe; questa [ossia: il figlio di questa donna] ti schiaccerà la testa e tu la insidierai al calcagno” (Gn 3, 15).

Ne risulta che sono legittime tutte le raffigurazioni che presentano la Vergine Maria nell’atto di schiacciare la testa al serpente, purché questo gesto sia visto come cooperazione all’opera del Figlio, venuto per distruggere le opere di Satana.

Alla fine della storia umana – nel secondo avvento del Signore – vedremo ripetersi la stessa scena: ricompare la donna come segno di salvezza e ricompare nell’atteggiamento di lotta contro Satana. Ecco il testo: “E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle […]. E un altro segno apparve nel cielo: un drago rosso vivo, con sette teste e dieci corna […], il serpente antico, quello che è chiamato Diavolo e Satana, colui che inganna tutta la terra” (Ap 12, 1ss).

Medjugorje e quel Segno

Chi è questa donna? Sicuramente Maria, dato che il suo figlio è Gesù. Così la Vergine Maria è il segno della salvezza, dal principio alla fine dell’umanità.

San Bernardo amava dire e scrivere: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”. E questa stessa frase era scritta sulla porta della cella di Padre Pio da Pietrelcina: chissà quante volte il santo frate l’avrà ripetuta!

A questo punto siamo invitati a riflettere su quale sarà il ruolo di Maria alla fine del mondo. Conosciamo bene la parte fondamentale che ha avuto alla prima venuta di Cristo; ma poi, quando Cristo è asceso al Cielo, e gli Apostoli con Maria continuavano a tenere lo sguardo rivolto verso l’alto, vengono due Angeli a interrompere l’incanto e a dichiarare: “Questo Gesù che è stato assunto di mezzo a voi fino al Cielo, verrà così, in quel modo come lo avete visto andarsene in Cielo” (At 1, 11).

Il Signore verrà, ritornerà: ‘Maranathà! – Vieni, Signore Gesù!”. La tensione escatologica, l’attesa della parusia, è tipica dei tempi di fede viva e qualifica il tempo liturgico dell’Avvento che stiamo per celebrare. Ma quale sarà il ruolo di Maria in quell’occasione? I Santi – particolarmente il Montfort – ritengono che la Vergine avrà un ruolo importantissimo e palese. Il libero ‘sì’ di Maria, per volere divino, precedette l’Incarnazione del Verbo. Maria, alla prima venuta di Cristo, fu madre e collaboratrice del Redentore, ma in modo assai discreto. Per la seconda venuta del Signore, che sarà un ritorno glorioso, il ruolo di Maria sarà invece aperto: sarà lei a preparare “gli apostoli degli ultimi tempi”, come ama esprimersi il Montfort, e a condurre la lotta contro il ‘drago rosso’ dell’Apocalisse.

Ecco il motivo del “grande segno [che] apparve nel cielo: una donna vestita di sole” (Ap 12, 1). Intanto l’inimicizia tra la ‘donna’ e il ‘drago’ perdura, e la lotta è senza tregua.

Dagli scritti di Padre Gabriele Amorth

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