Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che io ti do, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.
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Uno scriba che ha appena ascoltato la discussione di Gesù con i sadducei a proposito della resurrezione dei morti (cf. Mc 12,18-27) e ha apprezzato la sua sapienza, si avvicina a lui per chiedergli:“Qual è il primo di tutti i comandamenti?”. Domanda che nasce da un’esigenza assai diffusa nell’ambiente religioso del tempo di Gesù: operare una sintesi dei precetti di Dio presenti nella Scrittura, così da giungere all’essenziale, a ciò che costituisce l’intenzione profonda del “cuore” di Dio, della sua offerta di vita e di senso agli uomini.
Gesù risponde rinviando lo scriba a una parola contenuta nella Torah: “Il primo comandamento è: “Ascolta, Israele! Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Dt 6,4-5)”. Egli sta citando la professione di fede ripetuta tre volte al giorno dal credente ebreo, quella che prende il nome dalle parole con cui si apre: “Shemà Israel”, “Ascolta, Israele!”. Questa preghiera rivela che l’ascolto ha un primato assoluto, è la modalità di relazione decisiva dell’uomo nei confronti di Dio: l’ascolto obbediente è il fondamento dell’amore. Anzi, le parole del Deuteronomio riprese da Gesù sembrano addirittura tracciare un movimento che dall’ascolto (“Ascolta, Israele”) conduce alla fede (“Il Signore è il nostro Dio”), dalla fede alla conoscenza (“Il Signore è uno”) e dalla conoscenza all’amore (“Amerai il Signore”).
Noi ascoltiamo Dio per assumere il suo pensiero, per rispondere all’amore con cui egli ci ha amati per primo (cf. 1Gv 4,19); radicati in questo amore, siamo resi capaci di amare i fratelli del suo stesso amore. Ecco perché Gesù aggiunge immediatamente: “Il secondo comandamento è questo: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18)”, poi conclude: “Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Con l’accostamento di questi due versetti biblici Gesù compie una grande innovazione: egli ci insegna che il comandamento dell’amore di Dio fa tutt’uno con quello dell’amore del prossimo (cf. Lc 10,27). In altre parole, una comprensione riassuntiva della Scrittura porta Gesù – il cui parere è condiviso dal suo interlocutore – ad affermare che l’uomo compiuto, l’uomo “non lontano dal regno di Dio” è colui che, amando Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze sa amare il prossimo come se stesso. In quest’ottica Paolo scriverà: “Tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo comandamento: amerai il prossimo tuo come te stesso” (Gal 5,14; cf. anche Rm 13,8-10).
Nel quarto vangelo, quando Gesù dà l’ultimo e definitivo comandamento, che per questo si chiama “il comandamento nuovo”, compie un ulteriore passo avanti: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 13,34; 15,12), ossia senza misura, “fino alla fine” (Gv 13,1). In questa ardita sintesi, Gesù non ha neppure esplicitato la richiesta di amare Dio, perché sapeva bene che quando gli uomini si amano in verità, quando si amano come lui li ha amati, nel fare questo vivono già l’amore di Dio. Ecco perché l’apostolo Giovanni, che nel prologo del vangelo ha scritto: “Dio nessuno l’ha mai visto, ma il Figlio unigenito ce lo ha raccontato” (Gv 1,18), è lo stesso che nella sua Prima lettera afferma: “Dio nessuno l’ha mai visto, ma se ci amiamo gli uni gli altri Dio dimora in noi e in noi il suo amore è giunto a pienezza” (1Gv 4,12). Amando gli altri noi amiamo anche Dio e ne abbiamo una conoscenza autentica, mentre chi dice di credere in Dio senza amare i fratelli è un illuso e un bugiardo (cf. 1Gv 4,20-21)!
Gesù ha vissuto la sua intera esistenza come capolavoro d’amore e in questo ha compiuto pienamente la volontà di Dio, è stato “l’uomo secondo il cuore di Dio”. Così facendo egli ha tracciato una via ben precisa per chi vuole seguirlo, semplificando all’estremo (cosa diversa dal renderlo più facile…) il cammino per andare a Dio: il comandamento che deve orientare la vita del cristiano è quello dell’amore per tutti gli uomini, fino ai nemici (cf. Mt 5,44). Sì, l’amore concreto e quotidiano per i fratelli è il segno da cui si riconoscono i discepoli di Gesù Cristo, i cristiani, come ha indicato una volta per tutte Gesù stesso: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). di EnzoBianchi © www.monasterodibose.it
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