Il grido degli “ultimi” entra all’Expo di Milano insieme con il grido della terra.
Fra i padiglioni alla periferia del capoluogo lombardo le ferite “dimenticate” dell’umanità e della natura, a cominciare dall’esodo “biblico” dei profughi in fuga dai conflitti e dalla povertà. Drammi che all’Esposizione universale riecheggiano grazie alla Chiesa italiana che ha scelto il sito Expo per l’evento-cardine della Giornata nazionale per la salvaguardia del creato celebrata lo scorso 1 settembre e diventata appuntamento planetario su volontà di papa Francesco che ha istituito la Giornata mondiale per la cura del creato.
Proprio l’enciclica “Laudato si’” ispira il Convegno ospitato ieri mattina nel centro conferenze dell’Expo. E quella precisazione di Bergoglio (non è un sociale “verde” ma “sociale”) diventa il filo conduttore della tavola rotonda dal titolo “Rinnovare l’umano per custodire il Creato” promossa dal padiglione della Santa Sede con l’Ufficio nazionale Cei per la pastorale sociale e il lavoro, quello per la pastorale del tempo libero, turismo e sport e il Servizio nazionale per il progetto culturale.
Se la fede va sempre costruendo un nuovo umanesimo, come indica il tema del quinto Convegno ecclesiale nazionale che si svolgerà il prossimo novembre a Firenze, “il Papa ci invita a non separare l’uomo dall’ambiente”, spiega l’arcivescovo di Taranto, Filippo Santoro, presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. Tutto ciò per dire che parlare di creato significa “ascoltare la realtà”, afferma Santoro, in particolare la voce dei poveri. “Come non pensare – afferma l’arcivescovo ¬– alle immagine di questi giorni che ci raccontano i migranti che, spinti da fame e guerre, perdono la vita”. Da qui il monito di Santoro a “superare l’individualismo” e a “scuotere l’indifferenza dei potenti” ma anche dei tutti.
Parole che tornano nell’intervento del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. “Non c’è più spazio, né possibilità, né diritto all’indifferenza”, afferma il ministro evidenziando che “non c’è una questione delle migrazioni slegata da quella della lotta alla povertà, slegata da quello della tutela dell’ambiente”. E cita l’enciclica in cui Bergoglio evidenzia che “è tragico l’aumento dei migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale”. “Le foto e i filmati atroci che i media rilanciano in questi giorni narrando le tragedie dell’immigrazione – prosegue Galletti – interrogano le nostre coscienze. A tratti mettono sotto accusa le nostre coscienze che, distratte, non hanno compreso l’enormità della fenomeno che stava maturando. Un esodo che appare inarrestabile di fronte al quale ogni egoismo, ogni ragionamento su quote, distribuzione dei migranti fra i paesi, strategie nazionali, appare arido se non presuppone una profonda comprensione umana”.
Per il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale sociale e il lavoro, monsignor Fabiano Longoni, “la famiglia umana è chiamata a restituire quanto ha ricevuto”. Tradurre nel quotidiano questa intuizione vuol dire sconfiggere la logica del “sentirsi assediati dagli altri” che porta all’”odio”. Serve, invece, “imparare a guardare il mondo dal punto di vista degli altri”: ecco una via per declinare in modo concreto l’invito a essere custodi della terra, chiarisce Longoni. E c’è bisogno di “fare verità”, ossia affrontare in chiave culturale la “conversione ecologica” auspicata da Francesco. Un esempio? “Facciamo verità sui migranti che non ci fanno perdere niente ma sono un arricchimento”, sottolinea il direttore Cei.
Fra le testimonianze portate nel Convegno Cei quelle di Simone Morandini, della Fondazione Lanza, di Pierluigi Malavasi, direttore dell’Alta Scuola per l’Ambiente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e di fra’ Roberto Lanzi, monaco della comunità “ecologica” di Siloe nella diocesi di Grosseto.
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Giacomo Gambassi)