La liberazione di Asia Bibi, la donna cattolica accusata ingiustamente di blasfemia e in carcere per 9 anni, ha riacceso la tensione in Pakistan: gli estremisti musulmani continuano a chiederne l’impiccagione nonostante la Corte Suprema l’abbia dichiarata totalmente innocente.
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La vicenda di Asia Bibi non si è ancora conclusa. La donna, 47 anni, cattolica, madre di 5 figli, arrestata nel giugno 2009 e condannata a morte nel novembre 2010 per una falsa accusa di blasfemia, è stata riconosciuta innocente e assolta il 31 ottobre scorso dalla Corte Suprema pachistana, scarcerata mercoledì scorso 7 novembre e trasferita, per motivi di sicurezza, in una località segreta. Gli estremisti islamici, infatti, continuano a chiederne l’impiccagione e minacciano nuove violente proteste se la donna lascerà il Paese. Manifestazioni si sono già svolte dopo il suo rilascio, ma finora senza causare incidenti.
“Grazie a Dio. Sia lode al Signore. Sono libera”: sono le parole pronunciate da Asia Bibi appena uscita dal carcere, riferisce Vatican Insider. Secondo quanto riporta “Avvenire” la donna ha espresso gratitudine alla comunità internazionale per il sostegno costante e a Papa Francesco per la sua vicinanza e le sue preghiere. Custodisce con grande cura il Rosario consegnato al marito dal Pontefice per lei, durante l’udienza in Vaticano del 24 febbraio scorso.
In tutti questi anni dietro le sbarre e privata ingiustamente dell’affetto dei suoi cari, Asia Bibi ha maturato una fede profonda, pregando intensamente e leggendo ogni giorno la Bibbia: non odia nessuno, ha fatto sapere. Non odia chi l’ha fatta soffrire in questi anni e perdona e prega per quanti le hanno fatto del male.
Il marito di Asia Bibi, Ashiq Masih, chiede asilo per la sua famiglia all’estero: troppo pericoloso vivere in Pakistan in queste condizioni. Alcuni Paesi hanno già segnalato la loro disponibilità ad accoglierli: Regno Unito, Canada, Germania, Olanda, Spagna e Italia.
Di fronte alle tante notizie che si sono rincorse in questi giorni, il ministro degli Esteri pachistano Muhammad Faisal ha fatto sapere ufficialmente che Asia Bibi è ancora nel Paese e non potrà lasciarlo prima della revisione definitiva del suo caso da parte della Corte Suprema, come chiesto da un ricorso degli accusatori. Questo, tra l’altro, è anche uno dei punti centrali dell’accordo tra il governo e il partito islamico radicale Tehreek e Labbaik Pakistan (Tlp), che dopo l’assoluzione ha organizzato tre giorni di violenti manifestazioni che hanno paralizzato il Paese. Tuttavia – ha precisato – Faisal – la donna cristiana adesso è libera e come qualsiasi libero cittadino può andare dove vuole.
Il leader del Tlp, Pir Afzal Qadri, ha sottolineato di essere certo che Asia Bibi rimarrà in Pakistan fino alla revisione della sentenza e ha lanciato un appello ai sostenitori: “Siate pronti a fare sacrifici. Se il governo non rispetta il suo impegno, allora sia pronto per un movimento decisivo contro tutte le persone coinvolte”.
Da parte sua, il ministro dell’Interno Shehryar Afridi, pur dichiarando che lo Stato non vuole usare la forza ma il dialogo con chi protesta, ha detto che quanti commetteranno violenze saranno puniti in modo severo. Finora, ha sottolineato, non è stata versata una sola goccia di sangue durante le manifestazioni: il governo, dunque, continuerà nella politica della mano tesa ma ferma. Il ministro dell’Informazione Fawad Chaudhry ha invitato “vivamente i media ad agire in modo responsabile” dando notizie confermate ufficialmente, visto che la questione è oltremodo delicata e qualsiasi informazione non controllata potrebbe innescare violenze di qualsiasi tipo.
In questo contesto, i cristiani del Pakistan, l’1,6% su oltre 200 milioni di abitanti, al 96% musulmani, temono ritorsioni. Ricordiamo che decine di persone, tra cui politici, giudici, avvocati e imputati, sono state uccise dal 1990 in violenze associate alla legge sulla blasfemia. Tra queste, il governatore musulmano del Punjab Salmaan Taseer, che si era recato a trovare Asia Bibi in carcere e chiedeva la revisione di questa legge, ucciso nel gennaio 2011. Il ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico, assassinato da estremisti islamici nel marzo di quello stesso anno. Anche per questo, l’avvocato di Asia Bibi, Saif ul-Malook, pur essendo musulmano (minacciato dai fondamentalisti) si è visto costretto a riparare in Olanda.
La “legge sulla blasfemia”, introdotta in Pakistan nel 1986, punisce con l’ergastolo o la pena di morte il vilipendio al Corano e a Maometto. Le minoranze religiose – che costituiscono nel complesso meno del 4% della popolazione pakistana – costituiscono il 50% degli accusati di blasfemia. Sono stati fatti vari tentativi per avviare una revisione della legge, ma finora senza esito.
Fonte www.vaticannews.va
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