Almeno 13 persone sono morte a causa dell’esplosione di due autobombe guidate da kamikaze stamani nei pressi dell’aeroporto di Mogadiscio, in Somalia. Tra le vittime, anche agenti della sicurezza che si trovavano in un checkpoint preso di mira dagli attentatori, non lontano dal quartier generale delle Nazioni Unite. L’attacco è stato rivendicato dagli estremisti islamici al Shabaab, che nel 2011 hanno perso il controllo della capitale, riconquistata dalle forze dell’Amisom, la forza dell’Unione Africana per la Somalia. Giada Aquilino ne ha parlato con Anna Bono, profonda conoscitrice delle dinamiche africane:
R. – Gli al Shabaab, che ormai sono stati estromessi dalla capitale e da vaste estensioni del territorio somalo, soprattutto dalle principali città, continuano a essere in grado di colpire con attentati terroristici e di colpire anche – e questo è l’aspetto più preoccupante – nelle zone controllate e messe in sicurezza dalle truppe somale e dell’Unione Africana, prendendo di mira addirittura le basi stesse dell’Ua con atti clamorosi.
D. – A cosa puntano?
R. – L’obiettivo è quello di sempre: destabilizzare e creare – lo stiamo vedendo non soltanto in Somalia, ma nel resto dell’Africa subsahariana e purtroppo anche in Europa – quello che il terrorismo mira a fare: panico nella popolazione, insicurezza, sfiducia nelle istituzioni che dovrebbero proteggere i cittadini e quindi, nel caso della Somalia, continuare la lotta contro il governo somalo.
D. – In un momento in cui il sedicente Stato islamico rivendica azioni anche non direttamente organizzate dai gruppi jihadisti ma da simpatizzanti, come sta succedendo pure in Europa, c’è il timore che agli al Shabaab, da sempre vicini ad Al Qaeda, continuino ad affiancarsi altre realtà estremiste?
R. – Da mesi ormai circolano notizie di una secessione in questo senso. Mentre la maggior parte al Shabaab continua a essere legata ad al Qaeda, corre voce che dal 2015 una parte dei combattenti si sia alleata con lo Stato islamico: questo non migliora minimamente la situazione perché proprio nel contesto africano queste due forze, al Qaeda e Stato islamico, agiscono anche per contendersi il consenso della popolazione, il sostegno di nuovi aderenti. Quindi, dimostrazioni di forza hanno la funzione non solo di destabilizzare, di creare panico e insicurezza, ma anche di suscitare consenso e quindi nuove adesioni.
D. – Le autorità locali di fatto che poteri hanno?
R. – Il governo somalo è debolissimo. Non esisterebbe neanche se non fosse protetto e finanziato dalla comunità internazionale. La stessa Unione Africana, che è la responsabile della missione di pacificazione in Somalia, è finanziata dall’Unione Europea. Tanto più che anche su questo fronte stanno arrivando delle notizie poco piacevoli. L’Unione Africana ha annunciato proprio in questi giorni di pensare di metter fine alla missione nel 2020. La componente maggiore, che è quella dei militari ugandesi, dovrebbe andarsene entro un anno. In più una serie di scandali ha colpito i militari della missione, accusati provatamente di sottrarre materiale militare e di altro tipo dai magazzini per rivenderlo alla popolazione civile, forse agli stessi jihadisti, agli stessi al Shabaab. È una situazione veramente molto delicata in cui ovviamente, come sempre, a farne le spese sono i civili.
Redazione Papaboys (Fonte it.radiovaticana.va)