Le chiamano “baby squillo”, ragazzine di 14 anni o anche meno che si prostituiscono, per soldi o per regali, con altri ragazzi e spesso anche con adulti. Il caso è scoppiato dopo che, a Roma, è stata arrestata la mamma di una di queste precoci prostitute, assieme ad altri quattro uomini: tutti devono rispondere alla pesante accusa di sfruttamento della prostituzione minorile. Quello di Roma non è un caso unico: a Milano si è scoperto il giro delle “ragazze doccia” e a L’Aquila il vescovo ausiliare, monsignor Giovanni d’Ercole, riferisce di un altro traffico di ragazzine, anche minori di 14 anni, pronte a vendere il corpo in cambio di regalini, anche solo ricariche telefoniche. Finora eravamo abituati a leggere notizie di prostituzione minorile solo nelle cronache di esteri, in Paesi remoti come la Tailandia o i più poveri Paesi dell’ex Urss. Oggi ci risvegliamo con la consapevolezza che le stesse cose accadono anche nelle nostre città. E non si tratta di bambine di famiglie disperate, ma di ragazze istruite e benestanti che frequentano scuole private e vivono in quartieri di lusso. Perché? Ci risponde Mariolina Ceriotti Migliarese, medico neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta.
C’è un’età della vita che è, soprattutto per le donne, un’età di grazia: un’età di confine tra l’infanzia e la piena adolescenza, un’età breve. Tra i 13 e i 15 anni le bambine prendono la forma di giovani donne, ma insieme portano ancora in sé i tratti incontaminati dell’immaturità infantile; spesso la loro maggiore bellezza consiste proprio nell’essere donne e bambine insieme: sono belle della propria giovinezza. E insieme sono vulnerabili più che in ogni altra fase della vita: non più protette dall’inconsapevolezza infantile e dallo sguardo dei genitori, non ancora capaci dell’arroganza dell’adolescenza, hanno più che mai bisogno che il mondo adulto, nel suo insieme, si allei per proteggerle. La loro vulnerabilità dovrebbe renderle particolarmente preziose agli occhi della generazione adulta, se una generazione adulta esistesse davvero, una generazione capace di assumersi le proprie responsabilità: essere adulti vuol dire infatti prima di tutto accettare lo scorrere del tempo, la definizione di sé, il limite, il pensiero della morte, e presidiare la crescita delle nuove generazioni.
Ma in un mondo che va facendosi sempre più privo di senso fuggire dalla morte è diventato un imperativo essenziale e molte delle follie del nostro tempo altro non sono che un tentativo più o meno inconsapevole di negarne la scandalosa esistenza.
Come ben sa chi come me si occupa delle sofferenze e delle fatiche del mondo interiore, cercare di negare la consapevolezza della morte non è certamente sufficiente per cancellarla: al contrario, l’impossibilità di condividere con altri le emozioni e i pensieri che la riguardano lascia ciascuno di noi molto più solo davanti alla sua presenza ineluttabile. La morte continua segretamente a dare segno di sé nella solitudine del corpo: è una presenza sottile che ci inquieta e che ci accompagna, rivelandosi in modo sempre più evidente con il passare del tempo, nei piccoli segni che anche il più sano di noi percepisce come scricchiolii nelle fibre stesse del proprio essere. Perché tutti abbiamo un corpo che, una volta diventato pienamente adulto, già comincia lentamente ad invecchiare…
Ecco allora che con la scomparsa degli adulti scompare anche l’invisibile rete di protezione intorno alle preadolescenti, ai loro corpi che sono ancora di bambine e insieme già di potenziali madri. Eccole diventare oggetto di desiderio sessuale, perché l’incapacità di essere adulti rende incapaci di vederle come figlie, e mette in luce solo il fatto che il loro corpo è attraente come quello di una donna e insieme è un luogo sospeso dove la morte pare non trovare spazio…
Rappresentano un bagno di giovinezza, una sorta di perverso spazio ludico e irresponsabile, ben diverso dall’incontro con donne adulte vissute spesso come troppo esigenti e quindi pericolose e frustranti anche sul piano sessuale.
Purtroppo la ricerca dei corpi giovani delle adolescenti è un fenomeno noto da tempo sotto forma di turismo sessuale verso i paesi più poveri; nuovo e terribile è invece il fatto che a questa richiesta maschile faccia sempre più riscontro un nuovo tipo di offerta: quella di giovani ragazze che decidono spontaneamente di mettere il proprio corpo in vendita come se fosse un gioco. Il corpo, per loro, non è identità ma oggetto: possono usarlo senza sentirsi in colpa, scambiando cose con cose. Ne ricavano spesso un senso di potere e di controllo, perché è eccitante essere tanto desiderate e ricercate, e monetizzare il proprio valore sembra renderlo in qualche modo più oggettivo. Del resto, queste bambine crescono in una cultura in cui il sesso è sempre di più solo gioco e libera espressione di sé: ciò che conta è che non porti conseguenze pericolose come malattie o gravidanze; per il resto, se si tratta di gioco, ognuno può giocare come vuole.
Gli uomini che comprano e le ragazzine che si vendono appartengono allo stesso mondo di morte, ma non hanno certo la stessa responsabilità; in che modo è stata amata una bambina che vende con disinvoltura il proprio corpo? I bambini di oggi, rispetto al passato, godono in generale di maggiore cura e attenzione, ma più che nel passato tali attenzioni tendono ad avere il carattere di un investimento narcisistico e spesso il bambino percepisce che l’adulto dà grande importanza al suo aspetto fisico e si compiace per la sua bellezza. Non altrettanto percepisce su di sé l’attenzione reale di genitori troppo occupati e distratti per dare tempo e ascolto nella misura necessaria. I rapporti passano allora soprattutto attraverso le cose, talvolta sovrabbondanti, senza che tra i genitori e figli si stabiliscano relazioni vere e profonde, fatte di scambio e confidenza, ma anche di sani conflitti, scontri e confronti necessari per crescere. Le relazioni si fanno a-conflittuali ma asettiche, spesso formali, come convivenze tra estranei. Per questo motivo, i genitori delle baby-squillo non di rado si stupiscono nello scoprire l’attività segreta delle loro bambine, che vivono con loro e che pure non conoscono…
L’emergenza educativa è, anche in questo campo, reale. Ma non è certo sufficiente, per affrontarla, il ricorso a progetti di educazione sessuale sempre più pressanti e invasivi come quelli proposti da più parti.
È invece indispensabile riaffermare con forza che la sessualità umana è prima di tutto relazione: relazione tra persone e non tra organi sessuali, relazione di amore e non di reciproco anche se piacevole uso. Violenza e mancanza di rispetto originano sempre dall’incapacità di vedere l’altro come persona, con tutto ciò che questo comporta.
Se il sesso è slegato da ogni responsabilità e vissuto solo nelle sue valenze affettivo-biologiche, anche il più profondo e intimo dei contatti umani finisce per diventare solo un atto di estrema solitudine.
Link utili:
http://www.lanuovabq.it
(Attualità) Novembre 2013 (Donboscoland) – autore: Mariolina Ceriotti Migliarese
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