R. – L’iniziativa si inserisce in un ambito più ampio di quella che noi chiamiamo “la terapia dell’accoglienza”: noi ci occupiamo della cura del bambino e non soltanto per l’aspetto proprio prettamente fisico, ma della cura a 360 gradi. In questo l’aspetto ludico, l’aspetto anche narrativo del raccontare le favole è uno degli elementi della terapia. L’idea è quella dell’accoglienza e poi la nostra comunicazione ha avuto questo sfizio di far raccontare le storie scritte dai bambini da attori famosi.
D. – Queste storie per cosa si contraddistinguono? Ce ne è una in particolare che l’ha colpita?
R. – Direi che quello per cui si contraddistinguono è che ogni bimbo ci porta dentro la propria esperienza di malattia, le proprie paure. Quindi sono individualmente originali. Lei sa probabilmente che il valore terapeutico della favola è una cosa non abbiamo certo inventato noi: è qualcosa di molto antico. Quel che è bello e quel che è originale è che ogni bimbo che giunge in ospedale può esorcizzare le proprie paure personali: chi è entrato in oncologia; chi ha paura del bianco, perché il bianco è il camice, e quindi lo trasforma in qualcosa di magico; chi ha paura della cosa rumorosa e invece poi quella diventa un’astronave, come la Tac o la Risonanza… Tante sfaccettature che, però, servono tutte ad elaborare il vissuto di paura e farlo diventare una cosa magica e i bambini piccoli eroi.
D. – Davvero c’è anche qualcosa di meraviglioso per voi – immagino – che vedete questa capacità impressionante, che noi adulti non avremmo, di riuscire ad affrontare la malattia…
R. – E’ veramente eccezionale! I bambini si entusiasmano. E’ diverso se lei dice ad un bambino “devi fare un esame di risonanza magnetica” o se il bambino riesce a viverlo come una storia fantastica, riesce a scriverla, a metterla per iscritto, a raccontarla come l’entrata in un viaggio, in un mondo favoloso, nel mondo di Star Trek: nella sua astronave ne esce vittorioso. Ma il coinvolgimento non è solo dei bambini, ma anche degli adulti: anche se noi non siamo bambini, però questo lato bambino in molti di noi devo dire – per fortuna, penso – è rimasto.
D. – Quale tipo di possibili sviluppi potrà anche avere?
R. – Io credo che noi continueremo a lavorare con tanti attori, perché devo dire che la felicità è contagiosa, le cose buone sono contagiose, per fortuna! Quindi tanti altri attori si sono aggiunti all’elenco di quelli che lavorano naturalmente gratuitamente per noi. Per certo i bambini non si stancano mai e quindi di conseguenza non ci stanchiamo mai neanche noi!
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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