Un rapporto della Caritas internazionale analizza le diverse forme di sfruttamento nei contesti bellici e post-conflitto. A essere oggetto di tratta sono soprattutto i soggetti più deboli. Al via due progetti di sperimentazione in Libano e Armenia. Bambini soldato, matrimoni forzati, abusi sui minori, traffico di migranti. Sono queste soltanto alcune delle forme di sfruttamento legate alla tratta di esseri umani in contesti bellici e post-conflitto.
Un fenomeno poco conosciuto che è stato al centro di un’indagine internazionale promossa dal Secours Catholique, con il contributo di Caritas Albania, Armenia, Bosnia – Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Libano, Turchia e presentata da Caritas italiana nel corso del convegno CNI, che si sta svolgendo in questi giorni a Caserta (15-17 febbraio).
La ricerca è stata realizzata con l’obiettivo di sensibilizzare tutti gli attori coinvolti a portare avanti le soluzioni più adatte alle differenti situazioni presenti sul campo. Secondo il dossier, nonostante alcune forme di sfruttamento esaminate siano peculiari di quei contesti direttamente coinvolti nei conflitti armati (vedi i bambini soldato o il traffico d’organi per curare i combattenti feriti), tuttavia presentano molte somiglianze alle altre forme di tratta e sfruttamento registrate in contesti differenti da quelli collegati a situazioni di conflitto o post conflitto. Infatti le modalità di reclutamento, le tecniche di controllo psicologico e le forme di sfruttamento molto spesso ricorronoindipendentemente dalla situazione o dalla collocazione geografica.
Matrimoni precoci e forzati a scopo di sfruttamento. Tra i fenomeni studiati quello delle ragazze oggetto di rapimenti da parte dei gruppi armati, giovani donne strappate dalle loro famiglie o prelevate da zone di confine, costrette, con violenza, a diventare schiave sessuali. Il report sottolinea che nei paesi analizzati le modalità di reclutamento e lo sfruttamento femminile ruotano attorno ai matrimoni combinatidove le future spose e le loro famiglie raramente sembrano coscienti dei rischi legati a tale pratica. Indipendentemente dalla religione di appartenenza, il sistema delle doti è infatti regolarmente impiegato come moneta sonante per l’acquisto e la mercificazione della donna. Questi “matrimoni” sono usati per diversi tipi di sfruttamento femminile, abusi che sfociano nella sfera domestica, sessuale, nella prostituzione forzata, in matrimoni temporanei o in vere e proprie forme di schiavitù; tutti aspetti che implicano l’uso indiscriminato della violenza.
Sfruttamento economico dei rifugiati. Questo tipo di sfruttamento è presente, con varie sfumature, in tutti i paesi esaminati nella ricerca. La quasi impossibilità per i rifugiati di accedere legalmente al mercato del lavoro a causa del limitato riconoscimento dei loro diritti o all’assenza di uno status, favorisce su larga scala lo sfruttamento economico. Sebbene ci siano possibilità remote di modificare le legislazioni nazionali, la nostra ricerca ha mostrato che quello economico può generare altre forme di sfruttamento come il traffico di droga, la prostituzione, la riduzione in schiavitù come saldo di un debito precedentemente contratto.
Abusi sui bambini. Nei paesi con elevato numero di rifugiati, il lavoro minorile è presente in tutti quei settori in cui è richiesta manodopera non qualificata: i bambini infatti vengono spesso usati come braccianti, venditori ambulanti, lustrascarpe, commessi in piccoli market, oppure impiegatinel settore edile. In particolare, per quanto riguarda i minori iracheni rifugiati in Libano secondo la ricerca lo sfruttamento minorile era meno comune prima della guerra in Iraq. Il 92 per cento dei bambini non aveva mai lavorato nel paese d’origine e il 59 per cento aveva completato almeno la scuola elementare. Nonostante questo genere di sfruttamento (che a volte sfocia in sfruttamento sessuale, o in attività di piccola criminalità organizzata) sia dettato dalle difficoltà economiche delle famiglie rifugiate, forte è il rischio che possa trasformarsi in una pratica istituzionalizzata. Un preoccupante esempio è rappresentato dalle famiglie rifugiate che vivono nelle tendopoli informali situate su terreni privati nella Valle della Bekaa o nel nord del Libano: spesso, per poter pagare l’affitto della tenda, sono infatti costrette a mandare i loro figli a lavorare nei campi del proprietario della terra su cui hanno stabilito l’accampamento. Sempre più spesso le organizzazioni umanitarie lavorano assegnandogli il compito di distribuire regolarmente aiuti (cibo, coperte, etc.) in modo da rendere più sostenibile e organizzata la vita nei campi.
Minoranze ostracizzate. I contesti postbellici analizzati nella ricerca mostrano che le guerre civili, passate e presenti, portano determinate minoranze a essere costantemente ostracizzate, per motivi etnici o religiosi, da parte di tutti gli attori in un conflitto. Nel periodo successivo a una guerra, infatti, il naturale spazio sociale accordato a questi gruppi continua ad essere minacciato: discriminati e marginalizzati, rappresentano, di conseguenza, un ricco bacino di potenziali vittime di tratta per molte generazioni a venire. E non solo: l’esclusione dalle istituzioni sociali nei loro paesi di origine li condanna a vivere isolati, rafforzando la mentalità da clan autoreferenziale e la criminalità organizzata. L’esempio della Bosnia Herzegovina e del Kosovo dimostra come dopo oltre 15 anni dalla fine del conflitto, la mancanza di protezione alle minoranze discriminate, nei loro territori o nei paesi ospitanti, abbia generato una struttura interna di cosiddette ‘attività grigie’ che possono facilmente degenerare in varie forme di criminalità e, in particolare, nella tratta di esseri umani.
Traffico di migranti e tratta di esseri umani. Secondo molte ricerche c’è una differenza tra traffico di migranti e tratta di esseri umani. “La nostra ricerca prova invece a dimostrare il contrario: il traffico di migranti, cioè, può essere il trampolino di lancio per la tratta di esseri umani – spiega Caritas – Spesso le persone che non sono in grado di pagare i trafficanti sul posto, sono ridotte in schiavitù per avere contratto un debito. Alcune famiglie costringono le figlie al matrimonio per recuperare i soldi della dote; altri migranti,specialmente nell’Europa occidentale, invece, finiscono intrappolati nelle maglie della criminalità o dello sfruttamento economico.
Le raccomandazioni delle Caritas. Le organizzazioni, riunitesi ad Istanbul, hanno lanciato anche alcune raccomandazioni. Una fase di sperimentazione inizierà a breve in alcuni paesi come il Libano. Qui si punta a sensibilizzare le forze di polizia sulla tratta di minori rifugiati. Alcuni bambini siriani sono usati, infatti, per la prostituzione nei parchi in alcuni distretti di Istanbul. Per combattere questa situazione, Caritas Libano propone un aggiornamento delle diverse forme di tratta per enfatizzare il bisogno di identificare le vittime o potenziali tali tra rifugiati, soprattutto bambini, in contesti di conflitto o post conflitto. Questo aggiornamento è condotto regolarmente con lo staff delle diverse agenzie di polizia. Caritas Libano coordinerà il dipartimento di formazione all’interno delle Forze di Sicurezza Interne per l’aggiornamento. Un secondo progetto si concentrerà sulla prevenzione dello sfruttamento lavorativo degli armeni siriani.
Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it)