Una piccola di un anno e un sedicenne sono stati salvati grazie ad un intervento rischioso dettato dall’urgenza
Erano entrambi in lista per un trapianto di fegato, entrambi in condizioni critiche. Una piccola bambina di 1 anno e un paziente più grande, di 16 anni, ricoverati ad agosto all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù in attesa di un organo che tardava ad arrivare. Poi finalmente l’annuncio di un donatore disponibile, la corsa per il prelievo dell’organo e la decisione di operarli insieme, provando a utilizzare lo stesso fegato per i due bambini. A rendere nota la vicenda è l’ospedale Bambino Gesù: «Una scelta rischiosa dettata dall’urgenza delle condizioni cliniche dei due pazienti, in competizione per uno stesso trapianto. I due piccoli pazienti stanno bene e usciranno probabilmente dall’Ospedale pediatrico della Santa Sede nei prossimi giorni.
L’urgenza Ci siamo trovati davanti ad una situazione difficile – spiega il prof. Jean De Ville, direttore del dipartimento Chirurgico del Bambino Gesù – ma anche un’opportunità che capita raramente: poter utilizzare contemporaneamente lo stesso organo per 2 bambini ricoverati, offrendo ad entrambi una prospettiva di vita e di guarigione». Il paziente più grande, un ragazzo di 16 anni, era il primo in lista d’attesa, con una condizione clinica in progressivo deterioramento nutrizionale e scompenso della funzionalità epatica. Era stato ricoverato in modo ricorrente negli ultimi mesi e necessitava ormai di un’assistenza continua ospedaliera. La paziente più piccola, di appena 1 anno, era inizialmente candidata al trapianto da donatore vivente – il suo papà – ma si era manifestato invece un problema di compatibilità. Visto il peggioramento della sua condizione clinica, in mancanza di un organo disponibile, era stato deciso di correre il rischio di una preparazione immunitaria specifica, per tentare il trapianto pur in presenza di un gruppo sanguigno diverso. Mentre la preparazione era sul punto di iniziare, è arrivata notizia di un donatore. «La destinazione degli organi da trapiantare – spiega il prof. De Ville – segue un algoritmo nazionale dove la priorità va sempre al paziente più ammalato. In questo caso i due bambini erano molto simili nella loro criticità e la decisione di trapiantare uno lasciando aspettare l’altro era difficile da prendere. Fortunatamente, la loro differenza di peso e grandezza consentiva di utilizzare lo stesso fegato per entrambi e abbiamo così potuto procedere contrapianto simultaneo da donatore cadavere».
La divisione di un fegato per trapiantare due pazienti – informa in un articolo il quotidiano romano Il Tempo – è una tecnica consolidata in Italia, uno dei Paesi dove questa procedura è stata maggiormente utilizzata al mondo. L’uso più comune prevede l’allocazione della parte destra del fegato ad un paziente adulto, e la parte sinistra (più piccola) ad un bambino. Il lavoro è normalmente ripartito tra 3 equipe (una per il prelievo e due equipe differenti per i 2 trapianti). Per motivi di preservazione questi 3 interventi devono essere realizzati quasi contemporaneamente. In questo caso, il rischio consisteva nel dover fare i tre interventi con la stessa equipe e i 2 trapianti nello stesso Ospedale, con un impegno importante dal punto organizzativo e professionale. Dall’inizio dell’anno sono 17 i trapianti di fegato realizzati al Bambino Gesù, di cui 10 da donatore vivente, il numero più alto registrato in Italia. «Mi sento di dove ringraziare – aggiunge De Ville – tutti coloro che hanno reso possibile questo risultato: l’equipe medica, il personale infermieristico, la direzione sanitaria, il Centro trapianti nazionale e regionale. Ma la nostra gratitudine principale, ogni volta che eseguiamo un trapianto, va alla generosità e al coraggio di quanti decidono di donare i loro organi regalando a tante persone, spesso bambini, una nuova possibilità di vita».
di Massimo Francini per Redazione Papaboys
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