Barack Obama domani annuncerà un’estensione “senza precedenti” delle limitazioni alle emissioni di gas a effetto serra. È la stessa persona che all’uscita dell’enciclica Laudato Si disse di “ammirare profondamente la decisione del Papa di sollevare il caso per un’azione globale sui cambiamenti climatici”.
Perché non rimanga una notizia estiva secondaria, è necessario sentire come un’urgenza personale quanto Obama dice e legifera. O la questione ambientale diventa una mia questione personale oppure ogni legge ambientale – ogni enciclica sulla creazione – saranno solo uno dei tanti discorsi sul tema ecologia. Quando invece si sta parlando della “casa comune”, di casa mia, si sta dicendo che non esiste una vita senza una casa: un “senza tetto” ha perso tutto, non ha perso solo una casa. Così come non esiste una vita senza un corpo, così non c’è vita senza una casa. La preoccupazione della casa comune non è un argomento elitario di chi può permettersi una vita bio. La preoccupazione della casa comune è il comandamento dell’amore al netto delle chiacchiere: è vivere rispettando tutto ciò che vive. Il resto sì che è ecologia da week end.
Se un dentista americano uccide un leone in una caccia illegale, se una modella-cacciatrice uccide le giraffe, non è un problema degli animalisti ma di tutti noi perché si è rotta una relazione – quella tra uomo e terra – e quando si rompe una relazione si creano sempre cocci. Vale sia per il primo amore delle elementari che per l’amore della vita. Cocci taglienti e non sempre ricomponibili. Distruggere ettari di Amazzonia, creare isole galleggianti di bottiglie di plastica negli oceani, inquinare fiumi in Cina, uccidere animali, è asfissiarci, inquinarci, avvelenarci, amputarci. La terra – il nostro pianeta – non è la casa che finito il mutuo possiamo rivenderla e prenderne una più bella, no: è come il corpo: finito quello finisce la vita. La vita senza corpo si chiama morte, e il mondo senza terra si chiama morte uguale.
Essere i custodi della terra significa che l’uomo non è l’uomo “da solo” ma è “l’uomo e la terra”. E, da ultimo ma non ultimo, siamo responsabili della terra per i nostri figli. Perché sono i poveri quelli che soffrono di più per la natura danneggiata. E i più poveri di tutti sono i figli che ancora non ci sono.
Siamo collegati alla terra, siamo fili intrecciati di una stessa corda. Quando l’intreccio si rompe ci vogliono i grandi perché quando si rompono i giochi ci vogliono i grandi. Obama è uno dei grandi che vuole provare ad aggiustare l’aggiustabile. Ben venga una stretta legislativa e politica a livello nazionale e internazionale. Ben venga.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost