Beatificata stamani a Foggia, Maria Celeste Crostarosa, fondatrice dell’Ordine del SS. Redentore. La nuova Beata, napoletana di nascita, per la profondità dei suoi scritti spirituali, è considerata una delle più grandi mistiche italiane del Settecento.
La Messa di Beatificazione è stata celebrata dal cardinale prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Angelo Amato, rappresentante del Papa. Al porporato, Roberto Piermarini della Radio Vaticana ha chiesto di tracciare un ritratto della Beata.
R. – Il suo ritratto è ben riassunto nelle parole di Papa Francesco, che nella Lettera Apostolica la chiama “Fondatrice dell’Ordine del SS. Redentore, umile imitatrice di Cristo e testimone fedele del suo amore salvifico”. La Beata Celeste Crostarosa fu forte e perseverante nel realizzare la propria vocazione in obbedienza alla volontà di Dio, che le si manifestò tra mille peripezie e ostacoli.
D. – Ci vuol dire qualcosa della sua vita?
R. – Rileggiamo qualche pagina della sua vita. Giulia – questo il nome di battesimo nacque a Napoli, il 31 ottobre 1696, decima di dodici figli, in una famiglia religiosa e facoltosa. Da piccola, spinta dalla curiosità di esplorare il mondo degli adulti, con la complicità delle domestiche, ebbe la vanità di vestire abiti alla moda e imparare canzoni profane. Più tardi, però, ebbe una tale ripugnanza per tutto ciò che, a undici anni, il giorno di San Giuseppe del 1707, si recò nella chiesa di San Tommaso per fare una confessione generale che la liberasse da questo “peso” di coscienza. Fu una vera conversione. Diventò più raccolta, apprese a fare l’orazione mentale e a meditare la Passione di Gesù. Colpita dalla ferita del costato provocata dalla lancia, si rifugiò spiritualmente nel Cuore sanguinante di Gesù. Nella Comunione eucaristica riceveva consolazioni e ispirazioni di vita santa. Anche la lettura della vita dei santi contribuiva a confermarla nel bene. Così, a poco a poco si fece strada in lei il proposito di donarsi interamente al Signore mediante la consacrazione religiosa.
D. – Come e dove realizzò questo suo progetto?
R. – Ci vollero parecchi anni per concretizzare questo suo progetto. Fu un lungo viaggio che, a tappe e fra mille ostacoli, la portò dalla Campania alla Puglia e precisamente a Foggia, dove rimase gli ultimi diciassette anni della sua vita dal 1738-1755. La scelta di Foggia fu un’ispirazione dall’alto: “Va’ a Foggia — le disse la voce interiore — perché ivi voglio che si faccia la fondazione”.
D. – Cosa può dirci al riguardo?
R. – A Foggia, in questo lembo settentrionale di terra pugliese, di antichissima tradizione cristiana, benedetta dalla millenaria presenza protettrice dell’Arcangelo San Michele e, in tempi più recenti, dalla figura di uno dei più grandi taumaturghi della Chiesa, San Pio da Pietrelcina, maturò la santità di Suor Celeste Crostarosa, donna straordinaria, forte e coraggiosa, la cui fama ha superato i secoli giungendo intatta fino ai nostri giorni: “A differenza di S. Alfonso, madre Celeste non ha avuto né tra i redentoristi né tra le redentoriste, chi racccogliesse, almeno dopo la sua morte, testimonianze sulla sua vita santa. Eppure tutto il popolo di Foggia, sin dal giorno della sua morte, 14 settembre 1755, la proclamò la santa Priora”. Nella biografia di San Gerardo Maiella, che morì a Materdomini in provincia di Avellino il 16 ottobre 1755, un mese dopo Madre Celeste, si tramanda questa profezia. Il giorno 14 settembre 1755, Gerardo, rivolgendosi a un fratello laico disse: “Quest’oggi a Foggia è passata a godere Dio la madre suor Maria Celeste”. Non si trattava di un vaniloquio ma della convinzione che la Madre era morta in concetto di santità.
D. – Ci può tracciare brevemente un ritratto della Beata Madre Celeste Crostarosa?
R. – A dire la verità, un ritratto avvincente della nostra Beata è stato tracciato esattamente venti anni fa da un grande Santo della nostra epoca, San Giovanni Paolo II. L’indimenticabile Pontefice, in occasione del terzo centenario della nascita di Madre Celeste (1696-1996), scrivendo alle Monache del Monastero del SS. Redentore, da lei fondato, riassunse in cinque caratteristiche la spiritualità che la nostra Beata ha vissuto per santificarsi e che ha lasciato in eredità alle sue figlie spirituali. Le elenco semplicemente: devozione al Verbo incarnato, che lo Spirito Santo attualizza incessantemente in noi, mutando la nostra vita nella sua; amore all’Eucaristia, fonte di ogni trasfigurazione spirituale; spirito di raccoglimento e di contemplazione, per lasciarsi irradiare e trasformare dalla grazia; carità fraterna e, infine, fedeltà e perseveranza nel bene. Le monache oggi siano consapevoli che la loro presenza e testimonianza sono un contributo prezioso per la missione della Chiesa nel mondo.