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A Madrid sarà beatificato questo sabato il Servo di Dio mons. Alvaro del Portillo, primo successore di San Josemaria Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei. Alla celebrazione, presieduta dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinale Angelo Amato, si prevede la partecipazione di migliaia di persone giunte da tutto il mondo. Don Javier Medina Bayo, postulatore della Causa di beatificazione, traccia un ritratto del nuovo Beato al microfono di Federico Piana della Radio Vaticana.
R. – Prima di tutto, è stato figlio in una famiglia cristiana. Erano otto fratelli di cui lui era il terzo. È stato uno studente che si impegnava molto, è stato ingegnere, e poi ha conosciuto San José Maria Escrivá, il fondatore dell’Opus Dei, e così ha scoperto la sua chiamata a santificarsi nel bel mezzo della sua strada, con il lavoro ordinario. Poi è diventato sacerdote, ha lavorato tantissimo per l’Opus Dei, ovviamente, ma anche in altri incarichi della Chiesa. Poi è stato prelato, poi vescovo e tutta la sua vita si può riassumere in questa frase della Scrittura: “E’ stato un servo buono e fedele”.
D. – Ma, fedeltà di che tipo?
R. – La fedeltà di un cristiano, un sacerdote, un uomo sposato, un uomo celibe, in primo luogo sempre è fedeltà a Dio: se non c’è fedeltà a Dio non può esserci altra fedeltà. E questa fedeltà a Dio si manifesta nella fedeltà alla propria vocazione, nella fedeltà in ogni momento della propria vita. E don Alvaro è stato così: è stato un uomo molto fedele all’Opus Dei perché è stato molto fedele a Dio e molto fedele alla Chiesa. Infatti, non si può essere fedeli all’Opus Dei o a un’istituzione della Chiesa se non si è fedeli, prima di tutto, alla Chiesa e al Papa, evidentemente.
D. – E’ vero che la massima preoccupazione di don Alvaro era quella di salvare più anime possibile?
R. – Senz’altro. Ma non era una preoccupazione “scarna”. Io sono arrivato qui a Madrid e sono rimasto veramente molto colpito, molto colpito dell’ambiente di famiglia cristiana che ho trovato tra i partecipanti alla sua Beatificazione. Sono venute persone dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa, ovviamente dall’America… Si sa che oltre tremila famiglie hanno aperto le porte delle loro case per ricevere persone bisognose che non avrebbero avuto i soldi per pagarsi l’albergo, qua. E c’era veramente un ambiente di famiglia incredibile: se non si vede, non ci si crede. Ma questo è un ambiente che ha creato il fondatore dell’Opus Dei e don Alvaro ha saputo continuare in tutta la sua fedeltà.
D. – Secondo lei, come mai don Alvaro ha colpito così tanti cuori? Secondo lei, il segreto spirituale dov’è?
R. – Nella santità. La santità attrae. A me fa tanta pena la tristezza della gente. In questo nostro mondo, che è così opulento, purtroppo la gente soffre molto. Soffre molto perché non ha pace nel cuore. Allora, ci sono delle persone che cercano la felicità, non so, nei soldi o nel potere, o in non so che cosa, e non la trovano perché in fondo non sanno dove sta la sorgente. I Santi sono le persone che hanno trovato la sorgente della felicità. Ii Santi sono quelli che la praticano di più, per così dire. E questo attrae.
D. – Cosa può insegnare oggi don Alvaro alle persone, alle famiglie soprattutto?
R. – Insegna il messaggio dell’Opus Dei, cioè la santificazione del lavoro ordinario, dei doveri ordinari del proprio stato: questo è il messaggio fondamentale. Per le famiglie, a me fa tanto piacere constatare una cosa: sono arrivate moltissime grazie per l’intercessione di don Alvaro in questi anni, dalla sua morte fino ad oggi. Certamente, tra queste grazie ci sono tantissime – grazie a Dio! – guarigioni straordinarie, ma ci sono soprattutto anche moltissime grazie ordinarie, come ad esempio coniugi che volevano avere figli e non arrivavano: pregano don Alvaro e arriva il bambino. Ci sono tantissime grazie. Io penso che don Alvaro avesse un amore molto grande per la famiglia e questo suo amore, adesso, in Cielo, si manifesta nella sua particolare facilità a concedere le richieste che riceve in questo senso.
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