“La mia fede, è questo il mio essere… Tutto di Dio, per Dio e con Dio”. Uno sconfinato amore per il Signore, che nel corso del suo ministero di sacerdote, don Cestac ha servito con tutto il cuore e tutte le forze di cui disponeva: era questo il binario entro il quale fece correre la sua vita, conclusa a 67 anni, nel 1868, già in odore di santità. Il segreto dei suoi successi – lo aveva rivelato a Napoleone III, che nel 1865 lo aveva decorato con la Legion d’Onore – era Gesù, incontrato nella preghiera e nell’Eucaristia, fonti di pace e serenità. Una devozione che era la sua principale virtù, come sottolinea – al microfono di Roberto Piermarini
– il cardinale Angelo Amato:“Il nostro beato amava Gesù Cristo, amava la Chiesa, amava il Papa, vicario di Cristo. Soleva dire che una parola del Papa vale più di tutte le parole degli uomini. I testimoni sono concordi nell’affermare che l’Eucaristia, la Messa, la Beata Vergine, i Santi erano le sue grandi devozioni”.
Ma don Cestac fu anche pastore per le sue pecore e il prossimo divenne subito il centro della sua vita, che fosse un bambino orfano da accarezzare; una giovane troppo povera per andare a scuola; un clochard cui fare dono di un piatto di minestra o di un lembo di mantello; una prostituta cui dare un’altra possibilità perché vedeva del buono lì dove nessun altro l’avrebbe visto. La povertà era la sua vera ricchezza e spesso faceva tutto questo a mani vuote di beni materiali, ma con il cuore ricolmo di fiducia nella Provvidenza di Dio, come ricorda il
cardinale Amato:“Aveva poi una grande fiducia nella Divina Provvidenza e una grande speranza della vita eterna. E la sua speranza era un inno alla Misericordia divina, che lo spingeva ad amare, a consolare, a perdonare e invitava tutti a gettarsi nel seno materno di Dio, rifugio di grazia e di perdono”.
Da abile insegnante quale era, ricordava spesso alle sue religiose le parole di Maria: “Fate tutto per me e io farò tutto per voi”. E proprio sul modello di amore della Vergine, sulla libertà e sul lavoro, aveva costruito tutte le sue opere di carità e di recupero. Ma il Beato Cestac può insegnare ancora molto anche a noi, segnala il cardinale Amato:
“Possiamo ricavare tre insegnamenti. Primo: egli ci invita ad avere fede in Dio e nella sua divina Provvidenza, presente nella storia dell’umanità della Chiesa, ma soprattutto anche nelle vicende della nostra vita personale, familiare. Noi siamo figli di Dio e Dio ci ama, ci guida, ci perdona. Un secondo insegnamento riguarda la nostra carità verso il prossimo: il nostro beato ci spinge a sporgerci verso i bisognosi, gli emarginati, a essere accoglienti, generosi e misericordiosi. E poi, un terzo insegnamento a noi, ma anche alle sue figlie spirituali, alle Serve di Maria, e cioè l’insegnamento di tendere alla santità, perché la santità in fin dei conti è il fine della vita cristiana. Una santità quotidiana, fatta di fedeltà, di laboriosità, di assenza di peccato, di corrispondenza alla grazia, di frequenza ai sacramenti e soprattutto di comunione con Gesù”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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