A San Salvador la Messa di Beatificazione davanti a 250mila fedeli. Romero diventa, per volere di Papa Francesco, il primo della lunga schiera dei nuovi martiri contemporanei
Riguarda la cerimonia di beatificazione con noi di PAPABOYS 3.0
“Un grande segnale di riconciliazione e speranza. E una grande occasione per il cattolicesimo latino-americano, perché il non riconoscimento della santità di mons. Romero era un macigno con Roma: era inspiegabile che un sacerdote ucciso sull’altare mentre celebrava la messa non fosse riconosciuto martire”. Così Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, vede la beatificazione di mons. Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di San Salvador assassinato il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte per le sue denunce ai soprusi della dittatura militare salvadoregna, e che oggi viene elevato all’onore degli altari dopo una causa a lungo dilazionata e ostacolata. “Si diceva: era diventato un’icona della teologia della liberazione e un’icona della lotta politica – commenta Riccardi – Ma Romero è morto martire e il martirio è molto più grande di tutto il resto: il sangue parla da sé. E il mancato riconoscimento era un macigno che papa Francesco ha rimosso”. “Era cosciente – sottolinea – che rischiava la vita”. E quindi del suo destino di martire.
Il vescovo dei senza voce Monsignor Romero fu ucciso mentre stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza. Per anni aveva denunciato le ingiustizie in Salvador e le violenze della polizia e dei militari contro i più deboli. Aveva visto cadere, sotto i colpi dei paramilitari uno dei suoi più stretti collaboratori, il sacerdote gesuita padre Rutilio Grande. Nel 1983, in visita in Salvador, Wojtyla si recò a pregare sulla tomba del vescovo. La causa di beatificazione è iniziata nel 1997 ma si era poi bloccata. Fino alla decisione di Papa Francesco. In molti osteggiavano la teologia della liberazione Ma chi è che non voleva Romero beato? Riccardi risponde citando “due fattori”. “Romero beato non lo voleva quel settore della Chiesa che osteggiava la teologia della liberazione e che considerava Romero un’icona di questa teologia, quindi da non esaltare – spiega lo storico ed ex ministro – Poi un mondo molto largo di paurosi e di persone che non sono andate a fondo nella realtà di Romero. Un’area molto vasta.
E questo ha permesso che la figura di Romero potesse essere manipolata, creando quella del ‘santo guerrigliero'”. “Giovanni Paolo II non beatificò Romero, ma ebbe rispetto per il suo martirio – osserva Riccardi – Altra cosa è la gravissima opposizione che ci fu da parte di cardinali come il colombiano Alfonso Lopez Trujillo”. La beatificazione La beatificazione “segna una grande identità di sentire tra i cattolici latino-americani e papa Francesco. Sentono riconosciuto il martirio, ma anche il simbolo di una Chiesa dei poveri, una Chiesa del Vangelo, che in America Latina ha attraversato conflitti in tutti i Paesi”. Ed è un messaggio che arriva in un momento di nuove gravissime persecuzioni verso i cristiani.
A cura di Redazione Papaboys