“Chi non soffre col fratello sofferente, anche se diverso da lui per religione, lingua o cultura, deve interrogarsi sulla propria umanità”. In questo tweet del Papa un invito a riflettere sul senso della sofferenza, che nella condivisione può diventare momento perfino di gioia. Intervista con don Dante Carraro.
La scelta di ‘stare con’
Forse è proprio l’interrogativo che sollecita Papa Francesco a spingere i volontari del Cuamm a partire verso località tra le più povere al mondo. “Noi abbiamo fatto una scelta – spiega don Dante – che è scritta nel nostro nome, “Medici con l’Africa”, perché quello che le persone ti chiedono prima di tutto è l’essere con loro, stare ‘con’, soffrire anche con loro, eventualmente anche morire con loro… ma anche fare di tutto per migliorare quelle situazioni insieme, che è quello che motiva fortemente queste nostre scelte.
Soffrire insieme per crescere e gioire
Si riflette infatti poco sul senso della sofferenza, che nella condivisione può diventare un momento di crescita umana, perfino di gioia. “E’ proprio così”, sottolinea il direttore del Cuamm, ricordando un’esperienza recente di viaggio in Africa. “Era la fine dell’anno scorso. Ero in Sud Sudan, all’ospedale di Yirol, nel reparto emergenza; era appena stato ricoverato un bambino con una malaria cerebrale grave, con grandi problemi respiratori, una dispnea veramente grave e quindi c’era la necessità di ventilarlo con uno speciale apparecchio per pompare l’aria dentro la bocca e i polmoni del bimbo. E bisognava farlo in maniera manuale! Faccio presente che in quel contesto ci sono cattolici, cristiani, musulmani e lingue che non comprendi nemmeno da quanto diverse sono dalla tua o dall’inglese… Io era là, la sera tardi, distrutto dal lavoro e dalla giornata e vedendo il papà del bambino, gli ho detto, gli ho fatto capire: ‘Ventila tu, schiaccia tu questo palloncino in modo che riempi d’aria i polmoni del bambino’. Al mattino del giorno dopo, quando sono tornato alle sei e mezza, il papà era lì ancora con quel palloncino che gonfiava in piedi vicino al figlio e il bambino, che la sera stava morendo, aveva cominciato a dare segni di ripresa. Il mio cuore si è riempito di gioia grande! E lì non guardi se parla la tua lingua, se crede nello stesso Dio… ma diventa una ricchezza infinita quel suo essere papà, quel suo essere uomo, che ti avvicina e diventa esempio di dedizione, di passione, di vicinanza, nei confronti di quel bambino, di quella vita che ti entra dentro e ti rimane come patrimonio preziosissimo: un testimone di bene al di là del colore della pelle, al di là dell’etnia, della lingua, di tutte le differenze che ci sono. In questo senso, l’incontro di umanità diventa una ricchezza grandissima, anche per le nostre vite, per le nostre esperienze”.
Il diritto alla salute per tutti
Il Cuamm è oggi attivo in sette Paesi dell’Africa sub-sahariana: Angola, Etiopia, Mozambico, Sierra Leone, Sud Sudan, Tanzania e Uganda con progetti di assistenza sanitaria a lungo termine, in un’ottica di inclusione per lavorare, costruire, crescere insieme alla gente del luogo, operando negli ospedali, nei piccoli centri di salute, nei villaggi, nelle università. Da sempre il Cuamm si batte per l’accesso ai servizi sanitari dei più poveri ed emarginati. Le sue attività sono rivolte alle fasce più deboli della popolazione, in particolare con programmi di cura e prevenzione rivolti a mamme e bambini e di sostegno ai malati di Aids, di tubercolosi e di malaria. Tra le sue attività è anche la formazione di medici, infermieri, ostetriche e altre figure professionali e la promozione in Italia e in Europa del diritto alla salute per tutti.
Fonte vaticanews.va
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