Benedetto XVI, il Papa che ha unito fede e ragione, speranza e carità

Benedetto XVI, ha affermato Papa Francesco, è stato “un grande Papa” per “il suo amore nei confronti della Chiesa e degli esseri umani”. Un amore che ha dato linfa al suo Pontificato in cui il Pastore mite e fermo, per 8 anni, ha retto con coraggio e saggezza il timone della Barca di Pietro, pur navigando in acque agitate e con venti contrari. Un amore che oggi acquista nuova luce nell’orizzonte del Giubileo della Misericordia e che ci ha consegnato un’immagine indimenticabile: l’anziano Papa emerito che, come un semplice fedele, attraversa la Porta Santa della Basilica di San Pietro.

Nel servizio di Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana, torniamo a rivivere alcuni dei momenti del Pontificato di Benedetto XVI, il Papa che, per amore della Chiesa, rinunciò al Ministero Petrino:

27 aprile 2014, 10.06. Un milione di sguardi si rivolge al sagrato della Basilica di San Pietro. Molti di più quelli che assistono all’evento in mondovisione: Benedetto XVI, il Papa emerito, abbraccia Francesco, il Papa regnante. L’abbraccio fraterno avviene sotto gli arazzi dei due Pontefici Santi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Il primo rimanda immediatamente al Concilio Vaticano II, dove il giovane e brillante teologo Joseph Ratzinger partecipò come consulente del cardinale Frings. Il secondo richiama naturalmente all’amicizia speciale e alla feconda collaborazione tra il Papa polacco e il cardinale tedesco. In quel momento, impensato e impensabile fino a un anno prima, è dunque come racchiuso il senso della vita e del ministero petrino di Papa Benedetto.

La memorabile giornata dei “quattro Papi”
Due Papi celebranti due Papi santi, titolano i giornali di tutto il mondo. Un evento che si racconta quasi increduli. E del resto “incredulità” era stato il primo sentimento con il quale il mondo intero aveva ascoltato queste parole, l’11 febbraio del 2013:

“Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum…” (11 febbraio 2013)

La Rinuncia per amore della Chiesa
“Ad un Papa che si dimette non siamo preparati”, afferma con franchezza un noto teologo italiano. Reazione che accomuna credenti e non, e che suscita un diluvio di commenti e dichiarazioni quasi che si dovesse per forza dire qualcosa per placare l’inquietudine generata da un evento imprevedibile. E per di più declinato in una lingua, il latino, che nell’era dell’hi tech sembra un’eco che rimbomba dalla preistoria. Quando però si posa la polvere alzata dal terremoto – che ha avuto per epicentro la Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico – a rimanere in piedi è proprio la figura del Pastore che, per il bene del suo gregge, non ha paura di scegliere una strada mai battuta in precedenza:

“Cari fratelli e sorelle, come sapete, ho deciso… (applausi)… Grazie per la vostra simpatia… (applausi)… Ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede”. (Udienza generale 13 febbraio 2013)

Sono passate 48 ore dal clamoroso annuncio quando Benedetto XVI pronuncia queste parole ed apre la porta del suo cuore ai fedeli, riuniti in Aula Paolo VI, così che possano accostarsi ai suoi sentimenti. Si inizia a comprendere, allora, che la Rinuncia del Papa non è affatto un “abbandono”, ma al contrario un supremo atto d’amore a Cristo, ispirato dallo Spirito Santo.

Non lascio la Croce, servirò la Chiesa nella preghiera
A poche ore dalla conclusione del suo ministero, il 27 febbraio, nella sua ultima udienza generale, Benedetto XVI ribadisce che non sta lasciando la Croce, “ma nel servizio della preghiera” resta “per così dire nel recinto di San Pietro”. Quello stesso giorno, il Papa incontra i porporati che si preparano al Conclave. Tra loro c’è anche il cardinale Bergoglio. Per tutti ha parole di affetto e incoraggiamento:

“Che il Signore vi mostri quello che è voluto da Lui. E tra voi, tra il Collegio dei cardinali, c’è anche il futuro Papa, al quale già oggi prometto la mia incondizionata reverenza e obbedienza” (Incontro con i cardinali, 28 febbraio 2013)

Un umile lavoratore nella Vigna del Signore
L’umiltà di Benedetto XVI commuove ma non sorprende, perché proprio questa è la virtù che lo ha sempre contraddistinto, come il mondo ha potuto apprezzare già dalle prime parole pronunciate dopo l’elezione a Successore di Pietro:

“Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II (applausi) i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare e agire anche con strumenti insufficienti, e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi del suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria, Sua santissima Madre, sta dalla nostra parte” (19 aprile 2005)

Un lavoratore umile a cui non fa difetto il coraggio. “Il pastore mite e fermo” affronta con eccezionale determinazione alcuni scandali emersi nella Chiesa, su tutti la terribile piaga degli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero. Benedetto XVI è il primo Pontefice che incontra le vittime di questo crimine orrendo: lo fa senza clamore, lontano dai riflettori, a Malta, Stati Uniti, Australia e Regno Unito. Emana nuove regole che assicurino una “tolleranza zero” per quanti si macchino di questo delitto. E nell’Anno sacerdotale, a 150 anni dalla morte del Curato d’Ars, invoca una nuova trasparenza. Le sue parole hanno la forza di una profezia:

“Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. Ma è questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio”. (20 dicembre 2010)

Pastore miete e fermo impegnato per la trasparenza
Stessa risolutezza, Benedetto XVI la esprime nel processo di rinnovamento dello Ior e della gestione delle attività economiche in Vaticano. E ciò, nonostante le sofferenze anche personali che dovrà sopportare a causa dello scandalo “Vatileaks”. Ancora una volta, colpisce la mitezza del Papa che perdona l’aiutante di Camera che gli aveva sottratto documenti privati. Un gesto che ricorda il perdono di Giovanni Paolo II ad Ali Agca. Pur impegnato a reagire a crisi e imprevisti, il Pontificato di Benedetto XVI sarà propositivo e innovativo su molti fronti come dimostra anche l’istituzione di un Ordinariato personale per gli anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa cattolica, dopo la pubblicazione della Costituzione Anglicanorum Coetibus.

Nasce il “Cortile dei Gentili”, dialogare con i non credenti
Il Papa porta avanti il confronto con i non credenti e imprime un’accelerazione alla nuova evangelizzazione per combattere “l’eclissi di Dio”. Convinto, come il suo amato Sant’Agostino, che l’opzione cristiana è “quella più razionale”, Papa Benedetto lancia l’idea di un “Cortile dei gentili”, uno spazio privilegiato di dialogo con i “lontani”:

“Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. (21 dicembre 2009)

Pellegrino nel mondo, da Ground Zero alla Moschea Blu
L’umile lavoratore della Vigna pianta semi pure nel terreno del dialogo interreligioso. Visita le sinagoghe di Roma, Colonia, New York e convoca una nuova Giornata per la Pace ad Assisi, nell’ottobre del 2011, aperta non solo agli uomini di fede ma anche ai non credenti. Anche con il mondo musulmano – dopo l’incomprensione suscitata da una citazione nel discorso di Ratisbona – il dialogo si rafforza grazie anche alla lettera aperta di 38 “saggi musulmani” che diventano 138 e infine 216 per trovare un terreno comune d’incontro. A sintetizzare questo rinnovato dialogo è l’immagine di Benedetto XVI che, nella Moschea Blu, si raccoglie in meditazione accanto all’imam di Istanbul.

“Sostando qualche minuto in raccoglimento in quel luogo di preghiera, mi sono rivolto all’unico Signore del cielo e della terra, Padre misericordioso dell’intera umanità. Possano tutti i credenti riconoscersi sue creature e dare testimonianza di vera fraternità!”. (Udienza generale 6 dicembre 2006)

Un capitolo a sé lo merita il dialogo ecumenico. Papa Benedetto raccoglie frutti importanti: incontra più volte il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e apre una nuova fase di rapporti con il Patriarcato ortodosso di Mosca. Fortemente simbolica la visita ad Erfurt, nel convento agostiniano di Martin Lutero, e l’incontro a Londra con il primate della Comunità anglicana, Rowan Williams. Del resto, tutti i 24 viaggi internazionali di Benedetto XVI lasciano il segno, da quello toccante in Libano – dove incontra i giovani profughi siriani – a quello storico a New York, dove prega a Ground Zero e parla alle Nazioni Unite. Dal Camerun al Brasile, dall’Australia a Cuba, il Papa visita nei suoi 8 anni di Pontificato tutti e 5 i “continenti geografici”.

Ad Auschwitz come figlio della Germania
Difficile scegliere un momento su tutti, ma certo la visita di un Papa “figlio della Germania” al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau ha un valore straordinario:

“Papa Giovanni Paolo II era qui come figlio del popolo polacco. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire come lui: non potevo non venire qui. Dovevo venire. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco”. (29 maggio 2006)

“Collaboratore della Verità” come recita il suo motto episcopale, Papa Benedetto è anche testimone di Carità. I cristiani perseguitati in tante aree del mondo trovano in lui un sicuro baluardo. E’ il primo Pontefice a parlare di “cristianofobia” e a denunciare le violazioni della libertà religiosa come avviene in Pakistan con la legge sulla blasfemia. Attraverso Cor Unum, è in prima linea nell’aiutare le popolazioni colpite da guerre e disastri naturali. Toccanti le sue visite ai poveri, agli anziani, agli ammalati in Italia e all’estero, in particolare ai piccoli pazienti del Bambino Gesù di Roma e al Caritas Baby Hospital di Betlemme. In Brasile, va a trovare i giovani tossicodipendenti della Fazenda da Esperanza. In Giordania, Stati Uniti, Spagna visita i disabili ospitati in centri di assistenza. Gesti che sottolineano come, agli occhi di Dio, ogni persona sia unica e preziosa.

Un magistero globale, dalle Encicliche a Twitter
D’altro canto, proprio all’amore cristiano dedica la sua prima Enciclica Deus Caritas est (2006) alla quale seguono Spe Salvi sulla speranza e Caritas in Veritate (2009) sullo sviluppo umano integrale. Quest’ultima viene letta anche dagli operatori a Wall Street: nel pieno della crisi economica mondiale scoppiata negli Usa, infatti, offre l’originale riflessione della Chiesa per rimettere la persona al centro delle dinamiche economiche:

“Non dobbiamo dimenticare … come ricordavo nell’Enciclica Caritas in veritate, che anche nel campo dell’economia e della finanza retta intenzione, trasparenza e ricerca dei buoni risultati sono compatibili e non devono mai essere disgiunti. (10 dicembre 2011)



Oltre alle tre Encicliche, il Papa pubblica anche 4 Esortazioni apostoliche post-sinodali e 19 motu proprio, tra cui il Summorum Pontificum sulla liturgia e la storica lettera rivolta ai cattolici cinesi, del 2007. Innovativo è il suo libro-intervista “Luce del mondo” – in cui offre la sua visione a 360° sulle sfide della Chiesa, e la trilogia su Gesù di Nazareth – un best seller mondiale, nella quale Joseph Ratzinger offre la sua ricerca di credente sulla figura storica di Gesù. Ma a colpire è soprattutto la convinzione con la quale il teologo Benedetto si incammina in strade della comunicazione inesplorate per un Papa. In occasione delle Gmg, invia sms ai ragazzi di tutto il mondo, si collega via satellite con gli astronauti di una stazione spaziale e firma un editoriale per il Financial Times. Soprattutto incoraggia i media cattolici e vaticani ad evangelizzare il Continente digitale. E dà il buon esempio aprendo, nel 2012, l’account Twitter @Pontifex:

“Oggi siamo chiamati a scoprire, anche nella cultura digitale, simboli e metafore significative per le persone, che possano essere di aiuto nel parlare del Regno di Dio all’uomo contemporaneo”. (28 febbraio 2011 – Discorso al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali)

La Chiesa si impegni per le famiglie ferite, nel solco del Concilio
E all’uomo contemporaneo, Benedetto XVI non rinuncia di ricordare la sacralità della vita, la bellezza del matrimonio naturale tra un uomo e una donna, l’urgenza della libertà educativa. Quei valori che non cambiano con il tempo e per questo sono “non negoziabili”. La famiglia è uno dei temi che sta più a cuore al Papa che guarda con particolare attenzione alle coppie ferite, a chi ha vissuto il dramma di una separazione. Significative, considerando anche il successivo cammino sinodale voluto da Francesco, le parole che Benedetto XVI pronuncia all’Incontro Mondiale delle Famiglie a Milano, nel 2012:

“Mi sembra un grande compito di una parrocchia, di una comunità cattolica di fare realmente il possibile perché esse sentano di essere amate, accettate, che non sono ‘fuori’ anche se non possono ricevere l’assoluzione e l’Eucaristia; devono vedere che anche così vivono pienamente nella Chiesa”. (3 giugno 2012)

Una Chiesa che Benedetto XVI ha servito per tutta la sua vita, da giovane e brillante teologo a Successore di Pietro, avendo sempre per “bussola” il Concilio Vaticano II, che – sono sue parole – “permette alla Chiesa di procedere in mare aperto”.



di Alessandro Gisotti perla Radio Vaticana

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