Benedetto XVI stesso aveva capito che non basta fare un ragionamento giusto, ma occorre mettere in atto gesti comprensibili a tutto il mondo. A Regensburg egli ha parlato come “il prof. Ratzinger”, ma tutti lo guardavano come il papa Benedetto XVI. Non solo nella fede ma anche e soprattutto nella ragione deve maturare il rifiuto di ogni genere di violenza e di totalitarismo: è questo il nucleo del contestato discorso che tenne a Regensburg il 12 settembre del 2006. “La fede è frutto dell’anima e non del corpo. Chi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia”. La lectio magistralis – ispirata da un colloquio tra l’imperatore bizantino Manuele Il Paleologoe un dotto persiano -conteneva un deciso richiamo al dialogo, avanzato in un momento in cui gli orrori della lotta jihadista stavano spingendo l’Occidente all’arroccamento e alla diffidenza. Al contempo il Papa tendeva la mano al popolo musulmano, vittima esso stesso del fanatismo delle frange estremiste, indicando la necessità di seguire la via del “bene comune” in un clima di fratellanza e non di opposizione. La presa di posizione di Benedetto XVI era una condanna della violenza della jihad, non un attacco ai valori dell’Islam. Nonostante ciò, il giorno successivo dure reazioni furono registrate in tutto il mondo islamico: dal Ministro per gli Affari Religiosi turco, Ali Bardakoglu, che pretese le scuse ufficiali del Papa, al Ministero degli Esteri pakistano che convocò il nunzio apostolico di Islamabad. Un cristiano venne ucciso a Baghdad e numerose chiese cattoliche furono date alle fiamme. Un tentativo di avvicinamento venne così strumentalizzato e trasformato in occasione di violenza. Bisognerà attendere il viaggio del Papa in Turchia per testimoniare un calo dell’ostilità, completato poi con la lettera dei 138 saggi musulmani giunta nell’ottobre del 2007 ai capi della Chiesa cristiana.
Le reazioni scatenate dalle parole del Papa emerito, hanno ribadito la difficoltà del dialogo tra Cristianesimo e Islam. I tentativi di apertura del Pontefice non sono riusciti a compensare la frequente mancanza di reciproca comprensione. Benedetto XVI ha cercato in più occasioni di cementare la linea di incontro tra la Chiesa Cristiana e l’Islam, affrontando l’ostilità del fondamentalismo. Il momento di maggior fortuna nelle relazioni tra il Pontefice e il mondo arabo è stato il pellegrinaggio in Terrasanta del maggio 2009, quando Benedetto XVI si presentò come ‘pellegrino di pace’, desideroso di avvicinare tra israeliani e palestinesi. Il ritorno all’insistenza verso il “rifiuto completo della violenza” e la condanna di “tutte le forme di antisemitismo”, è stato accompagnato dagli inviti alla costruzione di uno Stato palestinese e alla necessità di “abbattere tutti i muri”. Neppure stavolta mancarono le polemiche: se nell’Islam le parole di Benedetto XVI vennero viste con generale approvazione, da Israele giunsero critiche per la scelta di non citare l’olocausto e i sei milioni di ebrei uccisi. «Da tedesco, forse poteva osare di più» scrisse Christoph Schmid, docente di teologia tedesca all’Università di Gerusalemme, «Ma ho visto una partecipazione al dolore».
Costruire una comunità mondiale che rigetta fondamentalismo e laicismo-. Benedetto XVI propone quindi un vero dialogo fra le religioni e i laici, che superi le strettoie del fondamentalismo e del laicismo. In tal senso egli prolunga e affina la riflessione iniziata a Regensburg, mostrandone il peso sociale anche per la politica internazionale e la convivenza mondiale. Parlando ai cardinali per gli auguri alla Curia (21 dicembre 2012), e riferendosi alla questione dei matrimoni gay in Francia, egli cita a lungo il rabbino Bernheim di Parigi, a proposito della concezione della famiglia. Anche qui il papa mette in luce i pericoli per l’avvenire dell’umanità, suggerendo che per il bene dell’umanità si deve tener conto della dimensione religiosa. La sua proposta, da Regensburg in poi, è la costruzione di una comunità internazionale in cui le religioni rifiutino il fondamentalismo e il laicismo rifiuti l’anti-religione. In passato al Cairo, alla Conferenza ONU sulla popolazione (settembre 1994), è avvenuta un’alleanza fra Vaticano e Paesi islamici per eliminare l’aborto dalle pratiche contraccettive. Il mondo laico ha accusato il Vaticano di allearsi con i Paesi retrogradi, conservatori e dittatoriali come l’Iran. Ma a ben vedere, non è un problema di conservazione, ma di percepire dove va l’umanità. Chi ha una sensibilità religiosa viva deve guidare l’umanità, purché non si cada preda del fondamentalismo. Vi sono persone laiche che hanno una grande acutezza: anche loro devono poter guidare l’umanità purché non diventi preda dell’ideologia e delle ideologie anti-religiose. Prendiamo l’esempio particolare dell’omosessualità. La Chiesa non dice che vuole emarginare gli omosessuali dalla società, o che vuole metterli a morte (come talvolta capita nel mondo islamico in conformità con la sharia). Dice solo che questa non è la via retta, come l’adulterio non è la via retta. E non può rinunciare a dirlo, in nome della sua spiritualità, della legge naturale e del realismo. Questa linea è difficile perché in occidente viviamo un momento di rigetto della dimensione spirituale e nel mondo islamico vi è una reazione contro questo rifiuto della religiosità in occidente. a cura di DonSa