“Remate e siate forti anche col vento contrario. Remate e pregate, sperando sempre nel Signore”. E’ l’invito che il Papa, ha rivolto questa sera ai Gesuiti durante la Liturgia di ringraziamento celebrata in occasione del 200° anniversario della ricostituzione, nel 1814, della Compagnia fondata da S. Ignazio di Loyola. Nelle parole del Pontefice, in visita per la quarta volta alla Chiesa del SS.Nome di Gesù all’Argentina di Roma,tutto lo spirito della vocazione gesuitica: missionarietà, servizio e totale fiducia nella volontà di Dio. Il servizio di Gabriella Ceraso per la Radio Vaticana:
Ricordare la ricostituzione della Compagnia di Gesù duecento anni fa, significa richiamare alla mente “benefici e doni particolari ricevuti” e poi guardare al presente.
Lo fa il primo Papa gesuita tra i suoi confratelli, durante una Liturgia di ringraziamento del tutto particolare, che ricorda la missionarietà dell’ordine, con le sette lampade accese a rappresentare la Curia e le conferenze mondiali; e la fedeltà a Dio, nelle solenni promesse rinnovate insieme.
Nei tempi di turbamento, umiliazione e confusione, come furono quelli che portarono alla soppressione della Compagnia, Francesco ricorda l’atteggiamento che l’ultimo generale di allora, padre Lorenzo Ricci, visse con i suoi confratelli, il discernimento :
Davanti alla perdita di tutto, perfino della loro identità pubblica, non hanno fatto resistenza alla volontà di Dio, non hanno resistito al conflitto cercando di salvare sé stessi. La Compagnia – e questo è bello – ha vissuto il conflitto fino in fondo, senza ridurlo: ha vissuto l’umiliazione con Cristo umiliato, ha ubbidito. Non ci si salva mai dal conflitto con la furbizia e con gli stratagemmi per resistere.
La Compagnia, sottolinea il Papa, ha preferito,dunque davanti all’umiliazione,” vivere il discernimento della volontà di Dio”, che solo salva dall’egoismo e dalla mondanità, e riconoscere i propri peccati, evitando così ogni vittimismo:
Guardare a se stessi riconoscendosi peccatori evita di porsi nella condizione di considerarsi vittime davanti a un carnefice. Riconoscersi peccatori, riconoscersi davvero peccatori, significa mettersi nell’atteggiamento giusto per ricevere la consolazione.
Davanti anche alla sua stessa fine, la Compagnia , afferma Francesco “ è rimasta fedele al fine per il quale è stata fondata” : carità, unione, obbedienza, pazienza, semplicità evangelica, vera amicizia con Dio e totale fiducia nel Signore. “Tutto il resto” afferma il Pontefice “è mondanità”.” La fiamma della maggior gloria di Dio” è l’auspicio del Papa,”anche oggi ci attraversi, bruciando ogni compiaciamento e vvolgendoci in una fiamma che abbiamo dentro, che ci concentra e ci espande, ci ingrandisce e ci rimpicciolisce”
Dio è misericordioso, Dio corona di misericordia. Dio ci vuol bene e ci salva. A volte il cammino che conduce alla vita è stretto e angusto, ma la tribolazione, se vissuta alla luce della misericordia, ci purifica come il fuoco, ci dà tanta consolazione e infiamma il nostro cuore affezionandolo alla preghiera. I nostri fratelli gesuiti nella soppressione furono ferventi nello spirito e nel servizio del Signore, lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera (cfr Rm 12,13). E questo ha dato onore alla Compagnia, non certamente gli encomi dei suoi meriti. Così sarà sempre. Ricordiamoci la nostra storia: alla Compagnia «è stata data la grazia non solo di credere nel Signore, ma anche di soffrire per lui» (Fil 1,29). Ci fa bene ricordare questo.
Anche la Chiesa, barca di Pietro, può essere oggi, riflette ancora il Papa, sballottata dalle onde, come fu allora la nave della Compagnia di Gesù. ” La notte e il potere delle tenebre”, ribadisce Francesco, “sono sempre vicini”:
Costa fatica remare. I gesuiti devono essere «rematori esperti e valorosi» (Pio VII, Sollecitudo omnium ecclesiarum): remate dunque! Remate, siate forti, anche col vento contrario! Remiamo a servizio della Chiesa. Remiamo insieme! Ma mentre remiamo – tutti remiamo, anche il Papa rema nella barca di Pietro – dobbiamo pregare tanto: «Signore, salvaci!», «Signore salva il tuo popolo!». Il Signore, anche se siamo uomini di poca fede ci salverà. Speriamo nel Signore! Speriamo sempre nel Signore!
E lo sguardo del Papa resta all’oggi della Compagnia di Gesù. Nelle sue parole la conferma di quanto disse già Paolo VI alla terntaduesima congregazione dell’ Ordine: ovunque vi sia il confronto tra esigenze brucianti dell’uomo e perenne messaggio del Vangelo, là vi sono stati e vi sono i gesuiti. E ai confratelli Francesco ricorda come dopo la prova della croce, la Compagnia ricostituita nel 1814, riprese la sua attività apostolica, unita e investita della missione di portare la luce del Vangelo: “così”, dice il Papa , “dobbiamo sentirci noi oggi, in uscita, in missione” :
L’identità del gesuita è quella di un uomo che adora Dio solo e ama e serve i suoi fratelli, mostrando attraverso l’esempio non solo in che cosa crede, ma anche in che cosa spera e chi è Colui nel quale ha posto la sua fiducia (cfr 2 Tm 1,12). Il gesuita vuole essere un compagno di Gesù, uno che ha gli stessi sentimenti di Gesù.
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A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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