Dalla Genesi al prologo del Vangelo di Giovanni, il tema del Padiglione della Santa Sede alla 56.ma Biennale d’Arte di Venezia attraversa la Bibbia stimolando i tre artisti selezionati: differenze generazionali e di linguaggio a confronto sulla doppia dimensione trascendente-immanente. L’installazione della colombiana Monica Bravo ispirata all’essenzialità della natura, della geometria e della Scrittura; la suggestiva tenda di tessuto della macedone Elpida Hadzi Vasileva e la fotografia, poetica, mai giornalistica, di Mario Macilau del Mozambico sul tema dei ragazzi di strada.
La Chiesa crede nel fecondo rapporto arte fede frantumato nel secolo scorso come ribadisce il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e commissario del Padiglione della Santa Sede:“Purtroppo, questo dialogo su arte e fede – sorelle tra di loro, profondamente unite – questo dialogo – come ben si sa – è stato per certi versi un po’ frantumato nel secolo scorso. E il nostro desiderio è proprio quello di riuscire a ritesserlo, in maniera particolare attraverso questa espressione che è l’espressione dell’arte. E il mio desiderio – e lo facciamo, anche se in maniera più nascosta – è quello di ritesserlo anche per altre arti, come per esempio la musica”. A mio avviso questo impegno non è un impegno da principi rinascimentali, come erano i cardinali di allora, ma è un impegno – direi – dei nostri tempi, anche del Pontificato di Papa Francesco. Io continuo, infatti, ad affermare che la bellezza deve essere data pure ai poveri, non soltanto il cibo. C’è quel bel proverbio indiano che dice: ‘Se tu hai due pani, uno lo dai al povero, l’altro lo vendi e acquisti un fiore di giacinto e lo dai al povero’. Il povero, cioè, ha il diritto non solo di avere il pane, ma anche di avere la bellezza”.
Andare oltre la realtà è elemento comune per arte e fede. Stretto il rapporto tra artista e creazione, evidenzia Paolo Baratta, presidente della Biennale:
“C’è un conflitto permanente dell’artista tra ciò che ‘ti ditta dentro’ e il linguaggio che devi usare per trasmetterlo e per comunicarlo. Questo è il logos del conflitto dell’artista”.
400mila euro i costi del padiglione sostenuti dagli sponsor nella convinzione che riflettere sulla cultura vuol dire investire nel futuro. La curatrice del padiglione Micol Forti:
“Se questa Biennale in qualche modo agevolerà ad aprire il nostro vedere, ad aprire la nostra e la vostra curiosità, a dilatare gli orizzonti, ne sarà valsa la pena”.
Un account twitter e una app consentiranno di essere in contatto con la biennale anche tramite pc, tablet e smartphone.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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