Bimbo vegano in ospedale/Non c’è amore senza carne

Ieri sera è stato dimesso dall’ospedale San Martino di Belluno un bambino di due anni che era stato ricoverato non perché era malato ma perché era denutrito. Non veniva da una situazione di forte disagio economico e non era sbarcato da qualche carretta del mare dopo giorni senza acqua e cibo. 
Era finito all’ospedale perché i genitori lo stavano allevando secondo il regime alimentare vegano senza l’ausilio di un nutrizionista, come spiega Cristina Bonello il pediatra che ha in cura il bambino. In pratica il bimbo stava male perché in totale assenza di proteine animali.
 Sulla vicenda c’è il giusto riserbo ma anche qualche giusta domanda.
 Le interviste rispettano la par condicio.
 C’è il pediatra che sostiene che ad un edificio in costruzione non si possono togliere i mattoni fondamentali, pena il crollo; e c’è quello che sostiene che si possa fare tutto se si è seguiti bene: i mattoni che mancano si possono sostituire con altro.


Io non so e non voglio entrare in queste diatribe. Voglio rimanere fuori dalla porta del piccolo ricoverato perché lì dentro sono ammessi solo i genitori e il personale sanitario. 
I primi sanno perché hanno fatto la scelta vegana.
 I secondi sanno cosa fare per rimediare. Già la parola rimedio dovrebbe dirmi che c’è un guaio da riparare ma io voglio fermarmi alle domande.
 La prima riguarda quelle che mi vengono quando una famiglia fa scelte così forti per i figli. 
Una buona scelta non è buona solo per il suo contenuto ma anche se è della “taglia” giusta delle persone che ne verranno coinvolte. 
In una famiglia le scelte, tutte le scelte, ricadranno su tutti, figli compresi. 
Anche solo decidere di andare ad abitare fuori città può portare a notti insonni e a giornate piene di urla, se i figli sono adolescenti. Gli adolescenti non si fanno sradicare facilmente. 
Mettere fagioli, soia, verdure varie nella dieta di un bambino di due anni può essere molto più facile perché non alzerà il tono della voce. 
Non sa neanche cosa gli succede: nessuno strillo, nessuna serata rovinata. Un bambino piccolo apre la bocca e mangia e se non mangia, gli fai l’aeroplanino o lo distrai con un libretto colorato o una canzoncina. 
Insomma è più facile far mangiare erba ad un bimbo che spostare di quartiere un quattordicenne.
 Eppure il rispetto che dobbiamo alla loro vita è lo stesso. Anzi maggiore perché un bambino sa che chi fa l’aeroplanino è la persona che sa tutto, che protegge tutti e lui per primo.
 Il rispetto che dobbiamo alla vita di un figlio è il più importante limite alla libertà di adulti che godono della patria potestà. Se dovesse essere vero che i “mattoni proteine” non possono essere costruiti con “mattoni erba” la cosa non regge. La casa non regge.
E poi tante altre domande. 
Cos’è il cibo per noi da imporre scelte così radicali? 
Cos’è la natura per noi? 
Può il nostro desiderio di rispettare la vita degli animali scontrarsi con il desiderio, ma anche il dovere, di rispettare le vite di chi ci è affidato? 
Il nostro corpo, il corpo dei nostri cari, la loro vita, non fa parte in modo assolutamente dominante del nostro desiderio di vita bio-ecologica umana che è parte essenziale dell’ecologia? 
Ci siamo abituati a temere l’idolo del denaro, l’idolo del potere, l’idolo delle religioni. 
Ma cos’è un idolo?
 Non è qualcosa, qualcuno, un pensiero, a cui sacrifichiamo la vita? 
Dalle cui regole facciamo dipendere la vita?
 Allora, quando cerchiamo idoli, non dovremmo anche guardare la lista della spesa? Non dovremmo scovare i nostri idoli anche nel ripiano del frigo?
Credo che i genitori del bimbo amassero veramente loro figlio ma l’amore non manda all’ospedale per malnutrizione. In un giorno non si diventa denutriti. 
Gli idoli accecano.
 Le ideologie – come il Papa chiama una sottile forma di idolatria – accecano. Se non siamo capaci di fermarci davanti a un figlio denutrito dinnanzi a cosa ci fermeremo? 
Se non lo siamo, abbiamo fatto del cibo sano il primo comandamento.
 Ci siamo fatti una religione con l’altare in cucina.
 Leggo i siti vegani e leggo spesso la parola carnivoro per indicare il resto del mondo non vegano. Io non sono vegano ma sono
 onnivoro, non carnivoro. E, oltre che onnivoro, vorrei essere umano. 
Prima che mangiar sano vorrei vivere sano.
 L’enciclica Laudato Si ci ricordava che “la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia”. 
Ecco l’ecologia umana: una casa sorella e madre bella. Questo è il mondo in cui viviamo e che ci nutre.

Di Don Mauro Leonardi

Articolo tratto da IlSussidiario.net


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