L’ovulo umano non fecondato, sviluppato in laboratorio senza diventare embrione umano, potrebbe essere brevettato da aziende del settore per scopi commerciali. Se invece lo stesso ovulo si sviluppasse in embrione umano con il ricorso alle biotecnologie, allora va protetto. E’ il parere giuridico dell’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Cruz Villalòn, per il quale “per impedirne il commercio l’ovulo deve essere in grado di svilupparsi in essere umano”. Non si tratta di una sentenza, l’Europa infatti vieta il commercio di embrioni, ma di un contributo per futuri interventi in materia della Corte europea. Luca Collodi ne ha parlato con Antonio Spagnolo, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica-Policlinico Gemelli di Roma:
R. – L’ovulo contiene un patrimonio genetico che è la metà di quello dell’essere umano, per cui ha bisogno dell’altra metà, costituita dallo spermatozoo, per poter costituire poi un individuo e quindi un embrione. Se parliamo esplicitamente di “ovulo”, stiamo parlando quindi di una cellula che dev’essere fecondata per diventare un embrione umano.
D. – L’ovulo è presente in natura, ma si può anche ricreare in laboratorio…
R. – Ecco, potrebbe essere creato in laboratorio con diverse tecniche, però finché rimane con le caratteristiche genetiche dell’ovulo – e cioè di avere una metà del numero dei cromosomi propri della specie umana – rimane “ovulo” e quindi in qualche modo ha le caratteristiche di una cellula e non di un individuo, non di un embrione.
D. – Se l’ovulo resta tale, e cioè non ha elementi che possano farlo diventare umano, può essere brevettato per scopi commerciali?
R. – Non siamo ancora di fronte a una sentenza. Si tratta di un argomentazione che l’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue sta preparando per una possibile e futura sentenza. Il parere giuridico entra in un terreno che è già stato esplorato dalla Corte europea di Giustizia che, con la sentenza dell’ottobre 2011, aveva affermato che l’embrione umano non può essere brevettato. Ecco, allora, il punto nodale: nella sentenza del 2011, già si pensava al fatto che non l’embrione tipico, cioè quello fecondato ovocita-spermatozoo, ma anche gli altri embrioni ottenuti con modalità diverse, rientrassero nella categoria della protezione. Partire dall’idea dell’ovulo umano non fecondato e brevettabile potrebbe esserlo soltanto nel momento in cui io sto brevettando la tecnica che mi porti a costituirlo come tale, per esempio da una cellula staminale: differenziarla in modo che diventi un ovocita. Ma da questo momento in poi, si apre tutta una possibilità tecnica e biologica per cui da questo embrione, ottenuto con queste modalità, io posso poi dargli quelle caratteristiche che la sentenza precedente della Corte europea di Giustizia aveva stabilito e che lo facciano rientrare nella categoria dell’embrione. Quindi, di fatto sarebbe una pericolosa autorizzazione, quella di permettere il brevetto, se da questa possibilità poi derivasse quella di poter utilizzare l’ovulo per arrivare a costruire l’embrione.
D. – Quanto il fine commerciale può ribaltare la verità scientifica su questo fronte?
R. – Tanto. Nel senso che bisogna stare attenti proprio a questioni che, a un certo punto, quasi dimenticano l’aspetto ideologico per affermare l’aspetto economico. Forse, se la cosa rimanesse sul piano del dibattito filosofico, potrebbe rimanere lì. Purtroppo, quando dietro non c’è solo l’ideologia ma la stessa viene utilizzata per l’aspetto economico, allora l’ideologia per arrivare ad ottenere benefici economici non ha nessun ritegno a mascherare e a cambiare la realtà biologica che, invece, i biologi conoscono bene.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana