Francesco: Gesù ci insegna ad essere ‘invadenti’ nella preghiera
Adriana Masotti – Città del Vaticano
E’ il brano del Vangelo di oggi al centro dell’omelia di Papa Francesco alla Messa di questa mattina a Casa Santa Marta. E il tema che affronta è quello della preghiera, di come noi dobbiamo pregare. Gesù racconta infatti ai suoi discepoli di un uomo che, a mezzanotte, bussa alla casa di un suo amico per chiedergli qualcosa da mangiare. E l’amico risponde che non è il momento opportuno, che è già a letto, ma poi si alza e gli dà quello che chiede.
Pregare con coraggio e senza stancarsi
Papa Francesco sottolinea tre elementi: un uomo nel bisogno, un amico, un po’ di pane. E’ una visita a sorpresa quella dell’amico bisognoso e la sua è una richiesta insistente perché ha fiducia nell’amico che ha ciò che gli serve. Prega con “invadenza” e in questo modo, dice Francesco, il Signore ci vuole insegnare come si prega:
Si prega con coraggio, perché quando preghiamo abbiamo un bisogno, normalmente, un bisogno. Un amico è Dio: è un amico ricco che ha del pane, ha quello del quale noi abbiamo bisogno. Come se Gesù dicesse: “Nella preghiera siate invadenti. Non stancatevi”. Ma non stancatevi di che? Di chiedere. ‘Chiedete e vi sarà dato’.
La preghiera non è una bacchetta magica
Ma, continua il Papa, “la preghiera non è come una bacchetta magica”, non è che appena noi chiediamo, otteniamo. Non si tratta di dire due “Padre Nostro” e poi di andarsene:
La preghiera è un lavoro: un lavoro che ci chiede volontà, ci chiede costanza, ci chiede di essere determinati, senza vergogna. Perché? Perché io sto bussando alla porta del mio amico. Dio è amico, e con un amico io posso fare questo. Una preghiera costante, invadente. Pensiamo a Santa Monica per esempio, quanti anni ha pregato così, anche con le lacrime, per la conversione del suo figlio. Il Signore alla fine ha aperto la porta.
Lottare con il Signore per ottenere
E Francesco fa un altro esempio raccontando un fatto di cui lui è certo, accaduto a Buenos Aires: un uomo, un operaio, aveva una figlia in fin di vita, i medici non avevano dato alcuna speranza e lui ha percorso 70 chilometri per andare fino al Santuario della Madonna di Luján. E’ arrivato che era notte e il Santuario chiuso, ma lui ha pregato fuori tutta la notte implorando la Madonna: “Io voglio mia figlia, io voglio mia figlia. Tu puoi darmela”. E quando la mattina dopo è tornato all’ospedale ha trovato la moglie che gli ha detto: “Sai, i medici l’hanno portata per fare un altro esame, non si spiegano perché si è svegliata e ha chiesto da mangiare, e non c’è nulla, sta bene, è fuori pericolo”. Quell’uomo, conclude Francesco, sapeva come si prega.
Le grida dei bambini che alla fine la spuntano
Il Papa invita a pensare anche ai bambini capricciosi quando vogliono qualcosa, e gridano e piangono dicendo: “Io voglio! Io voglio!” E alla fine i genitori cedono. Qualcuno però può domandarsi: ma Dio non si arrabbierà se faccio così? E’ Gesù stesso, afferma il Papa, che prevedendo questo ci ha detto: “Se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono”.
È un amico: dà sempre il bene. Dà di più: io ti chiedo di risolvere questo problema e lui lo risolve e anche ti dà lo Spirito Santo. Di più. Pensiamo un po’: come prego? Come un pappagallo? Prego proprio con il bisogno nel cuore? Lotto con Dio nella preghiera perché mi dia quello di cui ho bisogno se è giusto? Impariamo da questo passo del Vangelo come pregare.
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