Gesù mi ha detto che alla fine dei miei giorni verrò giudicato in base all’amore, ma quando sento la parola “giudizio” mi ribello. Non mi piace essere giudicato.
Forse è per il fatto di aver studiato Giurisprudenza. Vedo la condanna come una possibilità reale alla fine del cammino. Faccio cose positive e negative, ma come potrò essere all’altezza di quello che ci si aspetta da me? Non sarò mai degno del cielo, della vita eterna.
Temo il giudizio per via delle mie azioni, delle mie omissioni. Temo il giudizio per via delle mie parole, dei miei silenzi. Delle mie infedeltà, delle mie mediocrità. Il mai e il sempre come decisioni finali mi fanno male, come la minaccia del castigo eterno.
Per gli ebrei, il giudizio aveva molto più a che vedere con la realizzazione dell’alleanza, con la sua pienezza, con il compimento della promessa. Gesù viene a dare pienezza all’alleanza siglata tra Dio e l’uomo.
So che alla fine dei miei giorni incontrerò lo sguardo di Dio sulla mia vita. Lo sguardo di un Padre che mi ama. Mi chiederà quanto ho amato: “Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore seprare le pecore dalle capre… Venite, benedetti dal Padre mio, rcievete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere…”
Giorni fa, durante una conversazione, padre Ángel Strada, che ha conosciuto padre Kentenich, ha detto qualcosa che mi ha commosso. Diceva che l’ideale personale del Padre sarebbe simile a questo: “Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”.
È il sacerdote modellato a immagine del Buon Pastore. Il pastore che conosce le pecore per nome. Che ama tutte. Che se le carica sulle spalle e parla loro dolcemente. Che sa chi è ciascuna di loro.
Gesù è la porta attraverso la quale possono entrare e uscire liberamente. È il pastore. È il campo. È tutto per loro. Gesù non ha detto di separare le pecore buone da quelle cattive. Tutte le pecore sono al suo fianco. Questo mi dà pace.
Dare la vita per ciò che è suo. Dare la vita per le sue pecore. Per tutte. Io gli appartengo. Egli esce ogni giorno a cercarmi, mi aspetta, mi mette sulle sue spalle. Conosce fino all’ultima fibra del mio cuore.
Nel giudizio finale, che non è un giudizio dei meriti, ma dell’amore, Egli prenderà il mio cuore piccolo, insignificante, e mi amerà con il suo cuore grande, invincibile, tenero, incondizionato.
Mi piace questo sguardo di Dio. Penso sempre che alla fine della mia vita ci sarà un abbraccio tra il Buon Pastore e ogni pecora. Non un esame, non un giudizio.
So che allo stesso tempo le opere di misericordia mi fanno mettere in discussione la mia vita. E mi sento piccolo. Vedo che non faccio tutto ciò che devo fare. Che non amo quando devo amare. Il Regno di Dio è il regno dell’amore.
Dio guarda anche la cosa più piccola, vede tutto l’amore che ci metto. Guarda il bene che faccio, per quanto sia esiguo. Questo mi dà molta gioia, tanta pace… Quando faccio visita a un malato, quando vesto chi non ha abiti, quando do da mangiare all’affamato o da bere all’assetato.
Dio è capace di vedere le mie buone azioni quando neanche io sono capace di accorgermene, o quando quello che faccio mi sembra così piccolo rispetto a quello che dovrei fare che non gli do valore. E in genere non vedo Gesù dietro tutto questo.
Come nella parabola, chi ha fatto il bene non sapeva di averlo fatto per Gesù. Neanche chi ha agito male sapeva di non aver amato Gesù.
Confido nell’amore di Gesù. So che Egli è il mio pastore e verrà a curare le mie ferite quando sarò al suo fianco. E mi dirà: “Bene, finalmente stai con me per sempre”. E mi mostrerà le cose buone che ho fatto e di cui non ero neanche consapevole.
Non sono angosciato. Non penso a un Dio freddo, che misura tutto e tiene i conti del male. Gesù non sa fare i conti. Il suo amore non ha misura e il suo perdono è capace di spegnere tutti i miei peccati. Si è già caricato tutte le mie mancanze sulla croce.
Questa è la mia speranza: Dio non giudica da lontano, ma ama da vicino. Oggi, quando sento “Venite, benedetti da Padre mio”, confido e mi avvicino.
Fonte it.aleteia.org/padre Carlos Padilla