CALABRIA – REGGIO CALABRIA – “Indignato come ogni cittadino mi rivolgo a voi, autori di questo gesto, che sapete solo nascondervi, senza il coraggio di agire allo scoperto: mettere bombe nella propria città è come distruggere la propria casa, che oggi è nostra, e domani sarà anche dei vostri figli. Come uomo di Chiesa vi dico che uccidere i propri fratelli è come uccidere se stessi”. Lo scrive l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, dopo i diversi attentati che hanno sconvolto, in questi ultimi giorni, la città di Reggio Calabria. “Quando finiranno queste azioni di violenza messe in atto per affermare il vostro potere criminale, che ha solo il volto e il sapore della morte?”, si chiede il presule in una lettera: “Non avete più paura né della centralità dei luoghi, né degli orari: violenza e morte, non importa chi ci capita. Piuttosto che perseverare nella logica della vendetta, della paura e del ricatto, del guadagno facile e nascosto, uscite coraggiosamente allo scoperto, affrontate con dignità i problemi per costruire qualcosa di utile per la collettività nella legalità e nel rispetto reciproco”. Per mons. Morosini “il linguaggio delle bombe, dietro le quali nascondete i vostri messaggi e i vostri ordini, è causa solo di morte e non è da uomini civili”.
“Non possiamo tacere davanti a questi ennesimi episodi di criminalità e intimidazione, che sfregiano il volto della nostra Reggio e feriscono il nostro senso di responsabilità e partecipazione”, sottolinea l’arcivescovo pensando “alla maggioranza dei reggini che subiscono questi vili attentati. Carissimi, non ci abituiamo a tali episodi. Alziamo la voce! Facciamo sentire il nostro dissenso! Senza paura facciamo capire ai malavitosi che esiste una Reggio che non accetta questa violenza, altrimenti rischiamo di diventare spettatori inermi di questa violenza che prima o poi, direttamente o indirettamente, ci toccherà da vicino”. La lettera del presule si conclude con un messaggio di speranza, quella speranza “che, in questo momento, anch’io avverto: possiamo cambiare Reggio! Possiamo farlo soprattutto dopo atti dolorosi come quelli di questi giorni. Atti dai quali possiamo liberarci. Sperare – conclude – non significa attendere passivamente che le cose cambino, ma significa iniziare a cambiarle personalmente e nel nostro piccolo, suscitando negli altri il desiderio e la volontà di fare altrettanto. Sperare è anche compiere diligentemente il proprio dovere, senza sconti per nessuno. Superiamo insieme, allora, questi ennesimi fatti mafiosi che infangano la nostra Reggio e ciascuno di noi e iniziamo un cammino virtuoso di testimonianza reciproca di un amore sincero nei confronti della nostra città”.
Fonte: Agensir