Vent’anni di calma relativa non cancellano una memoria di guerra, specie una dai risvolti particolarmente crudeli come quella che a metà degli anni Novanta disintegrò i Balcani. E il peso dei ricordi è come sale sulle ferite di oggi, figlie di un altro tipo di guerra, quella che la gente combatte contro la disoccupazione, contro una generale “mancanza di prospettive”, contro la conseguente voglia di scappare pur di farcela da qualche altra parte.
Aiutate chi non vuole emigrare
Il Papa è consapevole di tutto questo e affronta con sensibilità le contingenze sociali ed ecclesiali che coinvolgono la Bosnia ed Erzegovina. Nel fenomeno dell’emigrazione, dice all’inizio ai presuli, individuo la “difficoltà del ritorno di tanti vostri concittadini, la scarsità di fonti di lavoro, l’instabilità delle famiglie, la lacerazione affettiva e sociale di intere comunità”, la “precarietà” di “diverse parrocchie”, le “memorie ancora vive del conflitto”. Dunque, Francesco incoraggia “a non risparmiare” energie “per sostenere i deboli”, aiutare nei modi “possibili” quanti hanno “legittimi e onesti desideri di rimanere nella propria terra natale”, ma anche provvedere alla “fame spirituale” di chi crede nei valori indelebili, nati dal Vangelo”.
Fuori dal “perimetro liturgico”
Le parole di Francesco suonano in qualche modo come preludio e viatico per quelle che pronuncerà il 6 giugno, quando potrà vedere direttamente negli occhi la gente di Sarajevo e di tutta la nazione. Alle comunità cristiane il Papa chiede di non rimanere chiuse nell’ambito delle loro “pur nobili tradizioni”, ma anzi di “allargare la presenza della Chiesa al di là del perimetro liturgico, assumendo con fantasia ogni altra azione che possa incidere nella società”, grazie al “fresco spirito del Vangelo”.
Perseguire con forza la comunione
Francesco invoca poi una “solida pastorale sociale” per i giovani – perché, soggiunge, “non possono aspettarsi solo di ricevere” dal Paese. Quindi, elogia il lavoro pastorale svolto dai vescovi per stabilire buoni rapporti tra clero locale e quello religioso, esortando anche a vigilare affinché, proprio nell’Anno della Vita Consacrata, non accada di carismi che invece di essere “effettivamente orientati all’edificazione del Regno di Dio” siano “inquinati da finalità parziali”. In chiusura, Francesco lancia un appello alla comunione tra il Soglio di Pietro e una comunità di vescovi che definisce “di frontiera”: “Pur se talvolta imperfetta – osserva – tale comunione va perseguita con vigore a tutti i livelli, al di là delle peculiari individualità. Occorre agire in base all’appartenenza al medesimo Collegio Apostolico; altre considerazioni – conclude – passano in secondo piano e vanno analizzate alla luce della cattolicità della vostra fede e del vostro ministero”.
Fonte: Radio Vaticana
Nella foto: Il cardinale di Sarajevo, Puljic, con il clero locale – EPA
IL SERVIZIO DEL CENTRO TELEVISIVO VATICANO
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