R. – I ragazzi della favela, gli abitanti della favela, vivono una situazione di segregazione, quasi di apartheid. Vivono questo evento mondiale con grande frustrazione perché ci sono stati enormi investimenti per la costruzione di stadi e di infrastrutture, ma i giovani lamentano l’assenza di costruzioni, di infrastrutture, l’assenza di servizi sanitari e uno scarsissimo accesso ai servizi di istruzione. Vedono il Mondiale come un’occasione soltanto per i ricchi e come un intervento da parte del governo per nascondere le favelas e non mostrare questo aspetto, anche sociale, agli stranieri che visiteranno il Paese in questi giorni.
D. – Situazione che crea evidentemente non poca rabbia sociale, come abbiamo visto…
R. – Assolutamente sì. Infatti, in questi giorni gli episodi di rabbia sociale, che esplodono spesso in manifestazioni anche violente, sono all’ordine del giorno. Noi abbiamo testimonianze. Le abbiamo raccolte durante questo viaggio quando appunto, con moltissimi ragazze, anche molto giovani di circa 15 anni, appassionati di calcio, emergeva chiaramente questa frustrazione, questo desiderio di aver un Paese migliore, che dia accesso all’istruzione, alla sanità e non un Paese che venga rappresentato solo ed esclusivamente come il Paese del calcio, della samba e del carnevale.
D. – Voi riportate che gli omicidi che hanno interessato ragazzi tra i 15 ed i 24 anni sono aumentati del 95%…
R. – Riguarda soprattutto gli ultimi anni ed è una situazione abbastanza generalizzata, dovuta anche un po’ alle politiche del governo brasiliano che ha deciso di intervenire all’interno delle Favelas inserendo in pianta stabile la cosiddetta “polizia pacificatrice” che ha proprio un presidio permanente e che cerca di tenere sotto controllo situazione nelle Favelas. Ovviamente, questo fa sì che i più poveri, prevalentemente i neri della società brasiliana, siano bersaglio delle forze dell’ordine ed allo stesso tempo siano vittime dei trafficanti di droga e dei trafficanti di armi.
D. – Voi documentate, nel complesso di Manguinhos, la presenza di droga, le continue violenze e sparatori. Accanto a questo: acque inquinate, scarichi industriali, assenza di energia elettrica e reti fognarie. E’ dunque questa la situazione?
R. – Questa è la situazione, e ogni volta che si presenta un periodo di mal tempo, la Favela si allaga completamente. Sono ituazioni veramente molto simili a quelle che ci capita di vedere come operatori umanitari, come Cesvi, anche in Paesi dell’Africa subsahariana. E’ una situazione a limite, una realtà dove le organizzazioni non governative come il Cesvi, sono presenti da moltissimi anni e continueranno ad essere presenti, nonostante si sia parlato tantissimo in questi anni di un Paese che viaggiava ad un ritmo di crescita molto, molto sostenuto. All’interno del contesto di Manguinhos noi abbiamo avviato un progetto di sostegno a distanza, non diretto a singoli individui, singoli ragazzi o minori, ma che tende ad includere tutta la comunità dei bambini e degli adolescenti della Favela. Sono stati ben 326 i ragazzi che hanno frequentato la casa nell’ultimo anno e che hanno avuto la possibilità di avere una reale alternativa alla strada attraverso la musica, la letteratura, la pittura, il teatro, attraverso tutto quello che è “cibo per la mente” e che serve a tenerli lontani dalla strada. A cura di Redazione Papaboys
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