La prima parola del gergo “carioca” (di Rio de Janeiro) che le guide insegnano ai turisti. “Arrastão” indica i furti commessi sul litorale di Copacabana e Ipanema. I modi variano. I responsabili, però, in genere, sono sempre i medesimi: gli adolescenti delle favelas dei dintorni, giunti in spiaggia in gruppo per “ripulire” i bagnanti. Per impedirlo, negli ultimi fine settimana, la polizia militare ha deciso di ricorrere alle “maniere forti preventive”. Gli agenti si schierano nei principali punti d’accesso, in attesa dei ragazzini provenienti dalle baraccopoli. Riconoscerli è facile: la quasi totalità è nera.
I poliziotti, dunque, fermano i minori dalla pelle scura non accompagnati, li bloccano e impediscono loro di entrare in spiaggia, senza che abbiano commesso alcun delitto. Domenica scorsa, una pattuglia ne ha addirittura arrestato 160. Gli adolescenti hanno trascorso la giornata in commissariato prima di essere rilasciati. La misura ha scatenato forte polemica poiché mette in luce le contraddizioni razziali, ancora evidenti, della “Cidade Meravilhosa”. Secondo attivisti ed esperti si tratta di un sistema razzista che, di fatto, vieta l’accesso alla spiaggia ai poveri e ai neri. Una sorta di “pulizia etnico-sociale” del cuore turistico della città. Il difensore d’ufficio dei ragazzini arrestati, Eufrasia Souza dasVirgens, ha fatto addirittura causa allo Stato per danni morali.
Il governatore di Rio, Fernando Pezão, però, tira dritto. Per il politico è l’unico modo per prevenire gli “arrastão”. Già a gennaio, dopo una raffica di furti, il governatore aveva minacciato di far controllare dalla polizia i bus in arrivo a Copacabana, in modo da bloccare i ragazzini neri e malvestiti. Finora, però, non l’aveva fatto. A un anno dalle Olimpiadi, però, le autorità carioca sono determinate a garantire la sicurezza dei visitatori. A qualunque costo.
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Lucia Capuzzi)