Le loro storie somigliano nel dolore a quelle delle mamme di Caivano che si sono strette intorno alla figura di padre Maurizio Patriciello e nella resistenza a quelle delle battagliere mamme vulcaniche. Loro però sono lombarde. Sono del nord, dell’altra terra dei fuochi, quella di cui si parla di meno. “Ho visto un aumento notevole di patologie autoimmunitarie soprattutto alla tiroide anzi, non ho mai visto tante malattie autoimmunitarie come in questi ultimi 10 anni. E poi tumori… e soprattutto la cosa che mi stupisce un forte aumento di tumori nei bambini. Non ne ho mai visti tanti così nei bambini”. Si fa cupo il dottor Tarcisio Prandelli mentre prova a fare un bilancio degli ammalati che frequentano il suo studio e quello degli altri professionisti dell’Isde, associazione medici per l’ambiente di Brescia. “Le patologie che riscontriamo – prosegue Prandelli – e che possono derivare dall’inquinamento sono varie: per esempio è risaputo, e sono stati pubblicati molti studi sull’argomento, che c’è la possibilità di malattie cardiovascolari, compreso l’infarto del miocardio, dovuto ad inquinanti; però le malattie più direttamente legate all’inquinamento oltre al cancro, sono la multi sensibilità chimica, la sindrome da stanchezza cronica e la fibromialgia. Dati scientifici sull’ incidenza di una serie di patologie su bambini e anziani ce ne sono pochi perché la maggior parte degli studi, quelli che poi fanno letteratura scientifica e che sono studi molto costosi, vengono tarati sugli adulti. Tuttavia ormai ci sono una serie di ricerche che mettono in relazione l’inquinamento ambientale con una alcune patologie”.
Tra le mamme volanti c’è Francesca che nonostante la commozione ha voglia di parlare perché “è troppo importante”, dice con il groppo in gola “perché non voglio che ad altri succeda quello che è successo a me”. E allora tira un sospiro e comincia: “Quest’anno si è ammalata prima mia madre di un carcinoma maligno al cranio e poi mio figlio. La malattia del piccolo Francesco che andava all’asilo, è cominciata in un modo subdolo: non sembrava fosse nulla di grave, poi la situazione è improvvisamente precipitata e lo abbiamo dovuto portare in ospedale. Lì ci hanno detto che nostro figlio era in pericolo di vita, che aveva la leucemia e che avrebbe potuto morire in poche ore. Dopo pochi giorni di ospedale aveva già la pelle gialla, le occhiaie, ha cominciato a perdere i capelli dopo la prima chemio ma fortunatamente è sopravvissuto. Le chemioterapie però lo hanno devastato perché gli hanno procurato delle lesioni cerebrali e Francesco è stato messo in coma. Ha fatto fatica ad uscire dal coma ma alla fine ne è venuto fuori. Nel giro di pochi mesi è rinato: da che era cieco, non camminava e non parlava, ora sta per tornare all’asilo”.
Francesca spiega che durante questo percorso ha incontrato tante mamme con problemi simili ai suoi. Che gli ospedali erano pieni di bambini provenienti dal bresciano e anche dal suo stesso paese. Addirittura da strade vicine. “Come è possibile? Deve esserci una relazione e questa relazione non può non riguardare le discariche, gli sversatoi, l’inquinamento provocato dalle scorie industriali.” Anche la figlia di Raffaella si ammalò di un tumore al cervello e anche per lei c’è stato un percorso doloroso che ora si è stabilizzato ma che ha portato una serie di conseguenze: “Cristina ha perso la vista ed è affetta da alcuni deficit motori . Io ho vissuto nei pressi del fiume Mella che è uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Lì è stato sversato di tutto e di più e la mia famiglia ha pagato un prezzo altissimo: mia mamma è morta a 65 anni di tumore al fegato, il mio vicino di casa se ne è andato sempre per il tumore al fegato a 50 anni, ho un nipotino che è nato con la palatoschisi, mio padre ha un tumore alla vescica. La vicenda di Cristina mi porta ad entrare ed uscire dagli ospedali e fa veramente male vedere le corsie piene di bambini ammalati. Non può essere un caso. Sicuramente una delle cause è l’ambiente malato in cui viviamo.
Abitiamo in una provincia ricca per via delle industrie, abbiamo tanti servizi ma siamo sicuri che questo ci possa rendere felici o sereni? Se ci ammaliamo, se i nostri figli si ammalano, il prezzo diventa troppo alto”.
Delle mamme volanti di Castenedolo fanno parte anche Rosa e Mara: “All’inizio ci siamo trovate a fare fronte comune su una serie di problemi che erano sorti a scuola e che riguardavano i servizi ai disabili, poi abbiamo cominciato ad essere sempre più attive sul territorio affrontando tanti temi, abbiamo cercato di spronare l’amministrazione comunale ad agire su una serie di questioni e abbiamo cercato, attraverso incontri e proiezioni di coinvolgere i cittadini e renderli consapevoli rispetto alla situazione ambientale. Ad un certo punto abbiamo deciso di volare. Così abbiamo capito, guardando il territorio dall’alto, quanto sia bello e quanto sia ferito. Cave, discariche, cumuli di scorie, laghi artificiali. E’ stato importante perché così abbiamo visto quanto veleno c’è. Vogliamo provare a cambiare il sistema a partire anche dalla raccolta porta a porta che ancora non si riesce a fare. Chiediamo bonifiche, che non arrivino più scorie da queste parti e si ripensi all’utilizzo dell’inceneritore”. Le mamme di Castenedolo sono in contatto anche con le mamme vulcaniche e quelle di Taranto con cui si scambiano dati, studi, pareri, idee per iniziative. “Noi abbiamo l’industria che ha inquinato spaventosamente e continua a farlo. – spiega il dottor Prandelli – Manca un’etica che permetta di cambiare questo sistema di gestire il territorio. Questa è una provincia che bada prevalentemente al profitto e che in nome della produttività e dell’industria spesso si gira dall’altra parte, infatti anche la nostra associazione conta pochi iscritti e poche persone che vogliono partecipare apertamente alle nostre iniziative. Parlare di queste cose è un tabù. Intanto qua indirettamente si ammazzano delle persone e si fanno soffrire tante famiglie”.
Fonte. Corriere della Sera
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