Vittoria in tribunale per i cristiani della Terra Santa, con un verdetto arrivato proprio all’inizio del Triduo pasquale. L’Alta Corte di giustizia israeliana ha infatti decretato stamattina lo stop alla costruzione del muro nella valle del Cremisan, il progetto contestato da anni dai cristiani della Terra Santa per le ricadute pesantissime che avrebbe avuto sulla comunità. La Corte suprema a Gerusalemme ha imposto all’esercito di studiare un percorso alternativo rispetto a quello attualmente proposto, che avrebbe reso per 58 famiglie cristiane palestinesi di Beit Jala inaccessibili i terreni su cui coltivano vigne e ulivi e diviso in due lo stesso complesso delle Suore salesiane, separando di fatto la scuola dal frequentata da 450 ragazzi palestinesi dal monastero.
La sentenza sul Cremisan giunge al termine di una battaglia giuridica lunghissima che durava ormai dal 2006. Al centro del contendere l’ormai famoso muro di separazione tra Israele e i Territori palestinesi nel suo tratto tra la località palestinese di Beit Jala e l’insediamento israeliano di Gilo. L’esercito israeliano sosteneva che per «ragioni di sicurezza» il muro dovesse passare proprio dalla valle del Cremisan, con la conseguenza surreale di andare a toccare persino il complesso delle Salesiane: tra le proposte presentate dalle autorità militari alla Corte di giustizia c’era addirittura quella di una porta nel muro di cemento che mettesse in comunicazione solo le due parti della proprietà religiosa. L’accusa rivolta da parte palestinese era quella di voler cogliere l’occasione per togliere altra terra a Beit Jala e darla all’insediamento di Gilo.
Accanto alle famiglie palestinesi e alle Suore nel ricorso si era schierata la Società di St. Yves, storico sodalizio cattolico per la difesa dei diritti umani in Terra Santa. Ma tra rinvii e pressioni la battaglia giuridica si è trascinata per nove anni fino alla sentenza di oggi. Sentenza in cui l’Alta Corte non ha accolto il tracciato alternativo presentato dalle famiglie palestinesi – che ricalcava sostanzialmente quello della «Linea Verde», la linea armistiziale del 1967 – ma ha comunque chiesto all’esercito di proporne uno che sia meno dannoso per la popolazione e per le Suore.
I cristiani della Terra Santa hanno accolto con grande gioia questa sentenza: la vicenda del Cremisan era infatti diventata una battaglia simbolo. Il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal l’ha citata più volte in questi anni come una fonte di grande preoccupazione. Inoltre per iniziativa del sacerdote fidei donum a Beit Jala, l’italiano Mario Cornioli, ogni venerdì tra gli ulivi contesi accanto alla parte già costruita del muro da tempo si prega il rosario e si celebrata una Messa per invocare la salvaguardia di questo luogo e più in generale per il superamento del muro. «Oggi per noi è già Pasqua – ha commentato a caldo su Facebook don Cornioli – Il Signore ha ascoltato il grido dei poveri e degli oppressi ed ha convertito i cuori dei ricchi e dei potenti. Con la consapevolezza sempre più chiara che la nostra preghiera è l’arma più forte che abbiamo e che può abbattere tutti i muri…».
Di Giorgio Bernardelli per Vatican Insider (La Stampa)
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