Il Burundi, sospeso tra guerra e pace, rientra tra i paesi che non possono mai respirare a pieni polmoni. Da 50 anni (hanno festeggiato da poco il giubileo) le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth svolgono la loro missione in una nazione piegata da una forte crisi politica e sociale dopo la terza contestata rielezione di Nkurunziza, che nel frattempo porta avanti una silenziosa repressione degli oppositori.
«La povertà – racconta suor Raffaella Falco – sta toccando i minimi storici da quando sono stati sospesi gli aiuti internazionali. A causa dell’inflazione i mezzi di prima necessità sono molto cari. Si vive in un contesto di insicurezza e paura con poliziotti e militari armati dispiegati in tutto lo Stato. Circa 260mila profughi sono distribuiti tra la Tanzania e il Rwanda. Non si può parlare di sicurezza in un clima così incerto, ma rimane il grande desiderio di condividere fino in fondo le fatiche e le paure di tanti che non possono fuggire». L’impressione è che il Burundi goda di scarsa pubblicità.
«È un piccolissimo Paese, di cui si parla poco: molti hanno interesse ad alimentare questo silenzio. Purtroppo anche l’attuale governo!». C’è spazio, però, in un luogo di morte per annunciare la gioia di Cristo e la sua misericordia. «Proprio qui tante preghiere si levano a Dio per la pace, in particolare tra la gente povera dei villaggi. La Chiesa, attraverso la voce dei Vescovi, continua a difendere la giustizia e la pace». Nate dal carisma di Sant’Arcangelo Tadini, le religiose si sporcano le mani: condividono la vita delle persone, coltivano i campi, allevano animali, lavorano nella fabbrica del tè, insegnano e sono impegnate nella formazione professionale, curano gli ammalati in due dispensari e si mettono al servizio dei più poveri. Nel tempo hanno sviluppato molti progetti, ma il più importante è «la comunione tra etnie, età e culture diverse. In un contesto sociale e politico in cui prevale la divisione per affermare il proprio potere, le nostre comunità – spiega suor Raffaella – provano a raccontare con la vita che è possibile vivere insieme e volersi bene».
La Congregazione ha dato molto alla causa africana (recentemente ha aperto due missioni in Mali e in Rwanda) e ha fatto tesoro dell’incontro con l’altro: «Abbiamo imparato a essere sorelle, perché figlie di un unico Padre che ci ha donato uno stile di famiglia semplice e bello, a servizio dei lavoratori. Sono tante le differenze (lingua, cultura, modalità di vivere la fede, la preghiera, le relazioni, il tempo…), anche se è molto di più ciò che ci unisce: il Vangelo del lavoro, Gesù operaio a Nazareth».
In Burundi sono presenti a Nyamurenza, la «prima missione» e la «casa madre» della Congregazione nella nazione, a Rwegura in una zona abitata da tanti operai impegnati nella coltivazione e lavorazione del tè dove il Vescovo ha desiderato la presenza delle suore «per annunciare la buona notizia del Vangelo, condividendo la fatica stessa del lavoro». La terza missione si trova a Gitega, una piccola città al centro del Burundi, che alla fine del 1998 ha conosciuto «un periodo molto difficile di atrocità, pulizia etnica, uccisioni e distruzioni, fino alla decapitazione della Chiesa locale nella persona del suo vescovo monsignor Ruhuna».
Per seguire le pratiche amministrative e burocratiche, nel 2001 hanno aperto a Bujumbura una casa che è diventata un punto di riferimento per i missionari e i laici. Anche lì ci sono persone da aiutare, visitare ed evangelizzare. «La pastorale sociale sta compiendo i primi passi: con alcuni gruppi di lavoratori ci incontriamo per condividere la Parola, studiare la situazione e individuare le modalità con cui far fronte, da cristiani, ai vari problemi della città e del lavoro».
Le Suore Operaie (cinque le italiane tra cui suor Erika Guaragni che ha fatto la professione perpetua a giugno) sono di stanza anche a Muyinga con una piccola comunità, a Mutega con una scuola professionale alberghiera e un centro di formazione di taglio e cucito, a Ngozi e a breve anche a Mugamba. Fioriscono le vocazioni, basti pensare che ci sono settanta suore burundesi, di cui 14 missionarie in Italia, tre in Brasile, tre in Mali e tre in Rwanda. «Molte giovani – conclude – si avvicinano alla nostra famiglia religiosa perché affascinate dalla sfida della comunione e dalla possibilità di vivere una vita semplice, condividendo la quotidianità e il lavoro della gente».
Redazione Papaboys (Fonte www.lastampa.it/Luciano Zanardini)